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Cuestiones constitucionales

versión impresa ISSN 1405-9193

Cuest. Const.  no.41 Ciudad de México jul./dic. 2019  Epub 22-Abr-2020

https://doi.org/10.22201/iij.24484881e.2019.41.13964 

Comentarios Legislativos

L’autonomia municipale negli Stati Uniti del Messico

Claudia Sartoretti* 

*Enseña derecho público y derecho público comparado en el Departamento de Gestión de la Universidad de Turín, Italia. Miembro de la Asociación de Derecho Público Comparativo y Europeo; claudia.sartoretti@unito.it.


La politica messicana tende oggi a favorire sempre più il pluralismo, la competizione e l’alternanza politica allo scopo di una maggiore e migliore integrazione dei poteri e di garantire la piena rappresentanza di tutti e tre i livelli di governo: federale, statale e municipale.

Recentemente è entrata in vigore la riforma che prevede l’abolizione del Distretto federale di Città del Messico. Il Distretto ha ufficialmente cambiato la propria denominazione con l’entrata in vigore del decreto del 30 gennaio 2016, con cui sono state derogate e riformate numerose disposizioni della (attuale) Costituzione politica del 1917. L’ordinamento del Distretto federale, pur essendo in buona sostanza assimilato a quello degli altri Stati membri, se ne differenziava per alcuni aspetti, fra i quali, in particolare, la perimetrazione delle competenze.

Per quanto riguarda i concetti di “federazione” e di “municipio”, va ricordato come essi siano emersi storicamente in modo indipendente l’uno dall’altro e abbiano avuto origine in tempi diversi. Si tratta infatti di due fenomeni che, per secoli, si sono sviluppati separatamente, senza che vi fosse una relazione causale fra i due, e come tali sono stati spesso studiati in modo autonomo e distinto, trascurando di approfondirne le (eventuali) interazioni. La città, come fenomeno geografico e sociologico, si afferma secoli prima della forma di organizzazione statale federale ed è sempre stata considerata parte dell’organizzazione territoriale della comunità statale. L’elemento materiale che contraddistingue il Comune (il territorio) finisce per porre il Municipio in una stretta correlazione con lo Stato federale, nella misura in cui quest’ultimo rappresenta una «forma di ripartizione del potere su base territoriale».1

La federazione (o lo Stato federale) è tradizionalmente concepita come un’unione di stati, in cui appaiono rilevanti due livelli di potere: il potere centrale e quello delle entità federate. Si può notare come lo Stato federale non implica, di per sé, un sistema policentrico, un multilevel constitutionalism a più livelli, costituito da una pluralità di ordinamenti giuridici integrati che interagiscono fra loro reciprocamente. Lo Stato federale è infatti, per tradizione, lo stato dei due livelli, Federazione e Stati membri, pertanto la presenza di enti territoriali locali (i municipi, appunto) non rileva ai fini della connotazione di un ordinamento come “federale”. Tuttavia, qualsivoglia indagine di diritto positivo vigente che focalizzi la sua attenzione sull’organizzazione territoriale di uno Stato non può non tenere conto anche di questo livello di governo che, al pari degli altri due, prende parte anch’esso alla distribuzione in senso verticale del potere pubblico.

Come è stato, infatti, osservato,2 la struttura territoriale dell’ordinamento complessivo influisce non poco sul livello di protezione costituzionale di cui gode l’autonomia locale (la Costituzione può, ad esempio, riservare la disciplina della materia “governo locale” alla legge dello Stato oppure alla competenza legislativa di livelli inferiori (Regioni, Laender, Cantoni, Comunidades Autonomas) oltre a condizionare i rapporti politici tra centro e periferia e quelli fra partiti e fra maggioranze che possono esistere, rispettivamente, nel Parlamento nazionale e nelle assemblee legislative locali. A ciò si aggiunga, poi, la presenza di eventuali enti di secondo livello (come, ad esempio, le Province o le Città metropolitane) o di forme associative che “erodono” la competenza del livello di governo più “basso” e più vicino ai cittadini.

In America Latina la presenza di Stati federali e di Stati unitari vede i rapporti centro-periferia svilupparsi con caratteristiche diverse a seconda del contesto nazionale in cui si inseriscono. L’articolazione politico-territoriale del potere si snoda su tre livelli all’interno degli ordinamenti federali: il livello federale, denominato in modo differente a seconda delle esperienze giuridiche (Unione, Nazione), quello statale o delle entità federate (definite, Province o Stati) e il livello locale (municipi in Argentina, Brasile e Venenzuela, ayuntamientos in Messico).3

Per quanto riguarda le città, si possono cogliere numerose differenze per ciò che riguarda il loro riconoscimento giuridico e la disciplina contenuta nelle costituzioni dei singoli stati federati. A differenza di quanto accade con il c.d. “secondo livello” del potere (ossia le entità federate), questa varietà va ben oltre la questione della terminologia. In alcune federazioni, la condivisione di poteri a livello locale è puramente amministrativa. All’estremo opposto, in altri casi, il Comune può godere di una grande autonomia politica, quasi uguale a quella dello Stato (secondo livello). Tra questi due estremi, si possono poi distinguere diversi gradi di autonomia dei comuni e altrettante forme di relazioni con gli altri livelli della federazione

Il regime giuridico del governo locale varia da Stato a Stato laddove la disciplina delle autorità locali rientri nella competenza dei governi statali. Nelle vecchie federazioni le autorità locali venivano create per lo più con leggi statali, alle quali spettava altresì il potere di riconoscere e garantire ai municipi l’autonomia. Gli elementi di base del governo locale -e segnatamente lo status e le attribuzioni di loro competenza- hanno però progressivamente iniziato a essere definite all’interno delle costituzioni federali.4

La Costituzione del Brasile, ad esempio, riconosce l’autonomia di tutte le entità federali senza distinzione di sorta fra Stati e comuni. L’articolo 18 stabilisce infatti: «L’organizzazione politica e amministrativa della Repubblica federativa del Brasile comprende l’Unione, gli Stati, il Distretto federale e i comuni, tutti autonomi, come prevede questa Costituzione». I comuni brasiliani hanno una grande autonomia politica e amministrativa. Esercitano una funzione legislativa esclusiva su temi definiti come «interesse locale» (articolo 30). Sebbene soggette a controllo giudiziario da parte dei tribunali statali e federali, le leggi municipali non possono essere modificate o sostituite dagli altri poteri (legislativi ed esecutivi) statali o federali.5 In Italia, invece, l’art. 114 della Costituzione recita: «La Repubblica è composta dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni», sembrando così fare riferimento più a una “Repubblica delle autonomie” che a un vero Stato federale. Secondo l’approccio “classico” al federalismo, la federazione (o Stato federale) è essenzialmente un’unione di stati ed è caratterizzata dalla presenza di due livelli di potere statale: quello centrale e quello locale. Al contrario, l’art. 114 indica gli elementi costitutivi della Repubblica mettendo in linea tutte le istituzioni territoriali del sistema, a partire da quelle più vicine ai cittadini: Comuni, Province, con la variabile Città metropolitane, Regioni e Stati. Per questo motivo molti autori preferiscono parlare dell’Italia come di un sistema policentrico -una Repubblica delle autonomie- piuttosto che di uno Stato federale.

Negli Stati Uniti, la federazione si basa, sin dalla sua origine, sulla distinzione tra poteri centrali (federali) e Stati federati, senza preoccuparsi dell’autonomia politica a livello locale-comunale. In altre parole, nel sistema federale degli Stati Uniti, «i governi locali sono creature legali degli Stati, stabilite in conformità con le costituzioni e gli statuti statali». Tutti gli Stati prevedono la creazione di governi locali e determinano quanta autorità può essere esercitata da ogni tipo di governo.6

Negli Stati Uniti del Messico, la figura dei Comuni si è progressivamente rafforzata a livello costituzionale con l’entrata in vigore della Costituzione del 1917. La realtà messicana economica, amministrativa e sociale mostra, tuttavia, ancora un grosso deficit per quanto riguarda il riconoscimento dell’autonomia municipale, a causa del forte centralismo politico che ha caratterizzato -e, in parte continua a caratterizzare- il contesto politico messicano. A ciò si aggiunga la presenza di un presidenzialismo “esasperato” che ha il compito di limitare l’effettivo consolidamento del governo locale; pertanto, a prescindere dalla tecnica di ripartizione delle competenze tra federazione ed enti territoriali periferici, il sistema politico messicano, come anche, seppur in maniera meno evidente, quello degli altri Stati ibero-americani tradizionalmente federali, non sempre riesce a configurare il federalismo come un freno al potere centrale. Le ragioni sono molteplici: l’assenza di un federalismo fiscale e la concentrazione nelle mani delle istituzioni centrali del potere di decidere in odine all’esazione e all’allocazione delle risorse; una prassi democratica che si è consolidata solo nelle ultime decadi, poiché fino agli anni Ottanta tutti i Paesi dell’America Latina hanno vissuto parentesi caratterizzate dalla presenza di governi autoritari; una ripartizione di poteri che privilegia la figura presidenziale, ancor più che nella forma di governo statunitense, dal momento che gli è riconosciuta l’iniziativa legislativa ed esercita il potere di veto in misura spesso maggiore di quanto faccia il suo omologo negli USA.

In Messico, sin dall’antichità, la concentrazione di potere e di controllo nell’autorità centrale è stata sempre molto forte. Alcuni autori identificano le origini della centralizzazione nel popolo azteco e nella colonizzazione spagnola con i viceré.7 Questo spiegherebbe, infatti, le caratteristiche principali del federalismo messicano, nato per conservare lo stato coloniale unitario contro le forze divisive e centrifughe, piuttosto che essere sorto come una forma specifica di decentramento territoriale. Come è stato sottolineato,8 il sistema federale venne introdotto in Messico come un metodo per conservare l’unità nazionale e con il quale, al di là della necessità di garantire una forma di riparto delle competenze fra enti territoriali distinti, si voleva armonizzare il gioco di forze fra Città del Messico (capitale della Repubblica) e le aree di potere ubicate in ogni regione o località del Paese, in modo che non si separassero.

Di conseguenza, al di là delle formali dichiarazioni costituzionali a favore del decentramento, in Messico, come in molte altre realtà statali dell’America Latina, ciò che veramente caratterizza tali esperienze è la concentrazione di potere nelle mani delle istanze federali, a svantaggio dei poteri locali.

Fino al 2000 (sotto il controllo del Partito Rivoluzionario Istituzionale, le cui politiche si contraddistinguevano per essere centriste), anche se gli Stati e i Comuni mantenevano, sulla base della Costituzione, un buon numero di competenze e poteri, essi non potevano esercitarli perché i governatori degli Stati e i sindaci municipali erano de facto controllati dal potere esecutivo nazionale e dal suo partito.

Alti e bassi hanno segnato la storia costituzionale del Messico, che si caratterizza soprattutto per l’avvicendarsi di carte costituzionali che rico-noscevano la distribuzione territoriale dei poteri (come quelle del 1824 e del 1857) fra le quali si inserisce la parentesi centrista codificata dalla Costituzione del 1836.

Dopo il breve periodo dell’Impero di Massimiliano I e l’elezione del presidente Benito Juarez, la Costituzione del 1857 tornò in vigore fino al 1917, anno in fu sostituita da una nuova Costituzione, proclamata il 5 febbraio 1917 e che resta, nonostante le numerose revisioni, il cardine del sistema istituzionale di uno degli Stati più importanti dell’America Latina.

Nonostante il contenuto “federale” della nuova Costituzione, il Partito Rivoluzionario Istituzionale, che conservò il potere ininterrottamente nel Paese per 71 anni (dal 1929 al 2000), condusse un processo di ri-accentramento dei poteri nelle mani del presidente federale a discapito di Stati e Comuni. La centralizzazione costituzionale dei poteri nelle mani del governo federale diminuì considerevolmente il potere decisionale degli Stati e dei comuni: i governatori dello Stato, e anche molti sindaci furono formalmente nominati dal presidente, nei confronti del quale divenivano così responsabili, anche se eletti. I comuni messicani, pur se disciplinati dagli ordinamenti statali, continuavano di fatto a dipendere dal governo nazionale.

Durante gli anni 90 il governo nazionale iniziò a intraprendere politiche per favorire gli enti subnazionali, ma, nonostante i cambiamenti sociali e le modifiche costituzionali apportate nella seconda metà del XX secolo, i governi subnazionali (in particolare i comuni) non riuscirono a raggiungere la piena autonomia politica che un ordinamento federale richiede.

Nel 1997 Rodriguez9 scrisse «le cose non sono cambiate molto dagli anni ‘70» e ogni livello di governo continua a essere più debole, più dipendente e più povero di quello collocato a un livello immediatamente superiore.

Solo con la transizione verso la democrazia avvenuta nel 2000 (quando il Partito Rivoluzionario Istituzionale perse la Presidenza del Messico), la distribuzione delle competenze iniziò a essere rispettata, grazie soprattutto all’introduzione di meccanismi costituzionali di protezione nella Costituzione. É stato, tuttavia, osservato10 come, a prescindere dall’alternanza politica al potere esecutivo che si verificò nel 2000, con la fine del partito di centro-destra che aveva instaurato in Messico un regime monopartitico con metodi autoritari alcune pratiche e impronte del forte centralismo vissuto fino a quel momento sono permase anche successivamente.

Detto questo, in Messico (come in molti altri stati dell’America Latina) la Costituzione prevede, all’art. 115 un ulteriore livello di decentramento costituito, all’interno dei singoli Stati, dai liberi Municipi ai quali è sostanzialmente affidato l’esercizio delle competenze amministrative all’interno del territorio statale. Base di divisione territoriale, i Comuni sono rappresentati nella Costituzione messicana come una collettività organizzata e un’entità politica dotata di personalità giuridica e con propri beni.

La costituzione, infatti, è il documento fondamentale per la federazione messicana, come per tutti gli Stati federali, dal momento che essa regola la divisione dei poteri fra i vari livelli di governo, compreso il riconoscimento della competenza in materia di spesa pubblica e con riguardo all’aspetto tributario.

Più specificamente, il fondamento costituzionale del sistema federale messicano si basa sul combinato disposto degli articoli 2 e 40 della Costituzione: il primo stabilisce il principio dell’unità e dell’indivisibilità della nazione messicana, mentre il secondo dichiara: «È la volontà del popolo messicano costituire una Repubblica rappresentativa, democratica, laica, federale, composta da Stati liberi e sovrani in tutto ciò che riguarda il loro regime interno, e da Città del Messico, uniti in una federazione stabilita secondo i principi di questa legge fondamentale». Il disegno costituzionale è così fondamentalmente ispirato a due principi fondamentali: la separazione dei poteri e il federalismo.

All’articolo 115, la Carta costituzionale prevede anche un ulteriore livello di decentramento costituito, all’interno dei singoli Stati, da Comuni a cui è in gran parte affidato l’esercizio di poteri amministrativi all’interno del territorio dello Stato.

I comuni rappresentano il secondo livello della divisione amministrativa in Messico, dove la divisione amministrativa di primo livello è costituita dallo Stato, e sono regolati dalla costituzione federale, dalle costituzioni statali e dalla legislazione ordinaria.

Tutti gli Stati sono divisi in comuni, la più piccola entità politico-territoriale autonoma del Messico. Attualmente, ci sono 2.438 comuni che, malgrado le differenze economiche e sociali, presentano la stessa configurazione giuridico-costituzionale e a ciascuno dei quali ogni Costituzione statale dedica una parte del suo testo alla disciplina municipale. Buona parte dei Municipi presentano una struttura governativa che si basa su ciò che è conosciuto in Costituzione come il “Municipio libero”.

Il principio dell’autonomia locale è evocato nell’Art. 115 della Costituzione federale con riferimento ai “Comuni liberi”; questa espressione è usata come sinonimo di “Municipi autonomi” e chiarisce la volontà degli elettori di garantire e salvaguardare l’autonomia dei governi locali.

L’espressione “el Municipio libre” era stata messa in discussione da molti accademici11 poiché in verità questa è l’ultima condizione che i governi locali sembrano avere in Messico, almeno fino al 2000. Il riferimento all’autonomia comunale ha evidenziato il profondo divario tra le regole scritte che hanno riconosciuto i governi locali dal 1917 e il modo in cui la politica messicana, durante la parentesi autoritaria, ha mantenuto le autorità municipali sotto un controllo economico e politico quasi totale dei governi federale e statale.12

L’Art. 105 della Costituzione (definito dagli autori come “estabilizador del Poder Público”) riconosce ai comuni la possibilità di ricorrere davanti al massimo tribunale messicano e impugnare leggi o atti contrari alla Costituzione che violino l’autonomia comunale.13 La revisione della Costituzione messicana avvenuta nel 1994, che ha ampliato in misura significativa l’ambito delle c.d. controversie costituzionali previste nel summenzionato art.105, evidenzia come le Costituzioni federali latinoamericane abbiano preso in seria considerazione l’ipotesi che possano sorgere conflitti tra organi federali e organi degli Stati membri. Lungi dal trascurare questo aspetto, si è cercato di fare fronte a questo problema, riconoscendo in capo alla Corte Suprema una funzione arbitrale di equilibrio fra i diversi livelli di governo. Questo procedimento di difesa è stato pensato e strutturato in modo da proteggere le istituzioni dello Stato, fra le quali i Comuni, in modo simile a come si proteggono i diritti fondamentali degli individui.

Il nuovo ruolo della Corte non si limita più a controllare la legittimità costituzionale delle leggi federali e statali o dei trattati internazionali. L’e-mendamento introdotto nel 1994 ha permesso di ampliare la competenza della Corte Suprema, riconoscendole il potere di risolvere i conflitti di competenze sorti fra governo federale, governi statali e Municipi.14

L’articolo 115, finalizzato a disciplinare i Comuni, regola i rapporti con gli stati e fissa un lungo e dettagliato elenco di principi cui le singole municipalità devono conformarsi.

Più specificatamente, la Costituzione messicana riconosce ai comuni potestà regolamentare. L’art.115, seconda sezione, stabilisce:

I consigli comunali hanno il potere di emanare, in conformità con in principi normativi stabiliti dalle assemblee legislative degli Stati, disposizioni di polizia e di buon governo, regolamenti, circolari e disposizioni amministrative di osservanza generale entro le loro rispettive giurisdizioni, per organizzare la pubblica amministrazione municipale, regolamentare le materi, i procedimenti, funzioni e servizi pubblici di loro competenza e assicurare la partecipazione cittadina e comunale.

Formalmente, la Costituzione messicana non riconosce il potere legislativo ai comuni (il potere legislativo appartiene solo alla Federazione e agli Stati), tuttavia alcuni autori15 sostengono che i governi locali detengono questo potere dal punti di vista materiale. In sostanza, i comuni hanno una sorta di potere legislativo “sostanziale” che è assicurato dal modo in cui il sistema delle competenze locali è regolato.

L’art. 115 della Costituzione elenca, infatti, in dettaglio le competenze dei Comuni, sicchè si può affermare che è la stessa carta costituzionale («la Legge Suprema di tutta l’Unione» come recita l’art.133) a fornire il parametro in base al quale la protezione della sfera di potere dei comuni è garantita. Questa è una caratteristica peculiare del sistema politico messicano.

Conformemente al principio di riparto di competenze previsto nel testo costituzionale, il governo federale può legiferare ed è competente solo nelle materie che il legislatore costituzionale gli abbia espressamente riservato. (L’art.73 fornisce un lungo e dettagliato elenco delle attribuzioni riservate al Congresso federale); ciascuno Stato, a sua volta, può approvare leggi in tutti gli ambiti loro assegnati e in tutte quelle materie che la Costituzione non gli abbia precluso. Gli Stati membri possono cioè esercitare la propria competenza solo nelle aree che non appartenga a un altro livello di governo, e cioè che non siano state assegnate alla federazione o ai Comuni.

La municipalità è prevista nella Costituzione per soddisfare soprattutto due necessità: la fornitura di servizi e la pianificazione dello sviluppo.16

Più concretamente, la Costituzione stabilisce poteri e responsabilità comunali relativi alla fornitura di servizi pubblici come acqua potabile, drenaggio, fognature e trattamento delle acque reflue; illuminazione pubblica; pulizia, raccolta, trasferimento, trattamento e smaltimento finale dei rifiuti; mercati e centri di fornitura; cimiteri; passaggi pedonali; strade, parchi e giardini e relativa manutenzione; sicurezza pubblica, in conformità con i termini dell’articolo 21 della presente Costituzione, sicurezza pubblica e traffico urbano. I Comuni possono anche assistere i governi statali e federali in materia di istruzione, servizi di emergenza antincendio e servizi sanitari, protezione ambientale e manutenzione di monumenti e siti storici.

Per quanto riguarda la capacità di regolare le attività economiche locali, la Costituzione conferisce ai comuni il compito di formulare, approvare e amministrare piani regolatori e di sviluppo urbano municipale; partecipare alla creazione e gestione delle proprie riserve territoriali; partecipare alla programmazione di piani di sviluppo regionali, i quali devono essere in concordanza con i piani generali della materia; autorizzare, controllare e vigilare sull’utilizzo del territorio, nell’ambito della loro giurisdizione territoriale; intervenire nella regolamentazione della proprietà dei terreni urbani; rilasciare licenze e permessi per la costruzione; partecipare alla creazione e all’amministrazione di zone destinate a riserva ecologica e alla creazione e all’attuazione di programmi di ordinamento con riferimento a queste aree; intervenire nella preparazione e attuazione dei progetti di trasporto pubblico di passeggeri, quando questi progetti hanno un impatto sul loro ambito territoriale; concludere e sottoscrivere accordi per l’amministrazione e la custodia delle zone federali.

Come abbiamo detto prima, la riforma costituzionale del 31 dicembre 1994 riconosce poi ai Comuni il diritto di adire direttamente, in caso di conflitto di attribuzione, la Corte Suprema messicana impugnando leggi e atti contrari alla Costituzione che violino l’autonomia municipale. Si deve, tuttavia, notare che le sentenze pronunciate dalla Corte Suprema hanno effetti solo inter pares e non anche erga omnes, pertanto la legge dichiarata incostituzionale sarà disapplicata solo nei confronti del Comune che ha sollevato la controversia costituzionale che, in questo caso non avrebbe effetti generali. In ogni caso il potere di ricorrere alla Corte previsto dall’art.105 Cost. ha contribuito ad aiutare i Comuni a far rispettare le proprie competenze e la propria autonomia.

I Comuni sono “governati” ciascuno da un consiglio comunale (ayuntamiento) che rappresenta un organo collegiale pienamente democratico, dal momento che tutti i suoi componenti sono eletti a suffragio universale (art.115 Cost.). L’ayiuntamento è guidato da un sindaco o presidente municipale (presidente municipal) il cui lavoro è supportato da un numero predeterminato di consiglieri comunali (regidores) e dagli assessori (síndicos), che operano nel rispetto dei principi normativi generali stabiliti dalle assemblee legislative degli Stati cui i Comuni appartengono.

Va osservato l’impiego particolare del termine “gobernado”, che è stato introdotto al posto del termine “amministrato” dopo la riforma costituzionale del 1999, con la quale è stato anche modificato l’articolo 115. Con tale locuzione, il legislatore mostra di voler considerare il Comune non solo come una entità autarchica che persegue funzioni puramente amministrative ma in modo più complesso come un “governo” di rango costituzionale.17 Il riconoscimento della “capacità di governo” a favore dei Comuni, nell’ambito delle proprie competenze costituzionali, spiega altresì la scelta del legislatore costituzionale di parlare anziché più riduttivamente di “livelli” di governo, di “ordini” di governo (órdenes de gobierno) che si collocano sullo stesso piano di eguaglianza, benché siano limitati rispetto alle attribuzioni che la Costituzione assegna a ciascuno dei tre enti territoriali.

La Costituzione concede i poteri di governo esclusivamente al Consiglio comunale e non ci devono essere entità o autorità intermedie tra questo e le amministrazioni dello Stato. I membri dei consigli comunali non possono essere rieletti per il periodo immediatamente successivo.

A partire dal 1983, i Municipi possono riscuotere tasse sulla proprietà e tariffe pagate dagli utenti. Va però evidenziato come la maggior parte delle risorse derivino dai finanziamenti versati ai Comuni dagli Stati e dal governo federale più che essere il frutto di un’autonoma e riconosciuta potestà municipale in materia di regolamentazione delle entrate locali.

A ciò si aggiunga che, sulla base dell’art.115, i consigli comunali, previo accordo fra loro, possono coordinare le loro attività e collaborare per una maggiore efficace prestazione dei servizi pubblici o il miglior esercizio delle rispettive funzioni. In questo caso, trattandosi dell’associazione di comuni di due o più Stati, è necessaria l’approvazione delle rispettive assemblee legislative degli Stati.

Infine, la Costituzione, nel rispetto delll’art.2 che riconosce la composizione pluriculturale del Paese, basata originariamente sui suoi popoli indigeni,18 prevede anche la possibilità di costituire “Comuni indigeni” con poteri simili a quelli degli altri Comuni messicani, allo scopo di rappresentare le autorità territoriali nelle quali si concentra una grande percentuale di indigeni. L’art.115, III sezione, quarto comma, stabilisce espressamente che «le comunità indigene, nell’ambito comunale, possono coordinarsi e associarsi nei termini e per i fini previsti dalla legge», e segna il passaggio da un regime del Municipio libre mono-municipale ad un regime multi-municipale.19

Nel complesso, il decentramento sembra essere stato garantito in linea di principio e sul piano formale, ma dal punto di vista sostanziale non pare sia stata prestata sufficiente attenzione alle modalità che ne avrebbero consentito la piena e concreta attuazione. Il decentramento politico non è stato, infatti, assunto nella sua interezza. La centralizzazione storica in tutte le sue forme continua, infatti, a rappresentare il vero problema, fungendo da ostacolo alla effettiva realizzazione di uno Stato decentrato che garantisca l’autonomia territoriale a tutti livelli, a cominciare da quello comunale.

L’instabilità costituzionale che da sempre ha contraddistinto i paesi dell’America Latina, come si è già precisato, è una delle ragioni che ha portato il Messico, come numerosi altri ordinamenti ibero-americani, a consentire una anomala concentrazione del potere esecutivo nelle mani del Presidente e a sviluppare forme di iperpresidenzialismo che hanno finito per incidere negativamente sull’equilibrio dei poteri, sia a livello orizzontale che a livello verticale. Le parentesi autocratiche caratterizzate dall’alta concentrazione di poteri nelle mani degli organi centrali hanno lasciato il loro segno e hanno condizionato in parte i successi processi di transizione democratica, laddove si è voluto conservare una certa tendenza a riconoscere maggiore importanza al governo centrale rispetto a quello degli Stati membri.

Per quanto la Costituzione, dal punto di vista formale, abbia riconosciuto ai Comuni un ruolo rilevante all’interno dello stato federale, dal punto di vista sostanziale i governi locali non sono mai riusciti a esercitare appieno i propri poteri, né hanno potuto disporre di risorse proprie o di una forza politica tale da consentire loro di godere di una piena autonomia e una effettiva ed efficace capacità decisionale.20

In definitiva, anche se il Messico è un Paese federale, come recita la Costituzione, esso conserva molte caratteristiche tipiche degli Stati accentrati che lo rendono un ordinamento molto particolare. Nonostante l’adesione formale di tutte le entità della federazione (compresi i comuni) al principio di eguaglianza, la realtà pratica è piuttosto diversa e si avverte una certa difficoltà a rispettare appieno questo principio. E ciò non soltanto per la differenza di risorse pubbliche tra gli Stati (e fra le municipalità), ma anche a causa -secondo alcuni-21 della portata troppo ampia e vaga delle norme che assegnano le competenze e di quella clausola sui poteri impliciti che consente di aggiungere alle competenze riconosciute in capo alla Federazione un ulteriore potere normativo da esplicitarsi in tutti gli ambiti che essa ritenga necessari per regolare le materie a essa attribuite dalle disposizioni costituzionali.

Un esempio che mostra come il fenomeno della centralizzazione continui a persistere nell’ordinamento giuridico messicano e a condizionare l’autonomia comunale è dato dall’attuazione del “Comando unico di polizia” introdotto attraverso la recente riforma dell’articolo 21 della Costituzione introdotta il 29 gennaio 2016. Il nuovo regolamento stabilisce, infatti, che la sicurezza pubblica ora «è una funzione della Federazione, delle entità federate e dei Comuni», ma non definisce in dettaglio i campi d’azione di ciascuna area di governo.

L’articolo 115 della Costituzione messicana, così come modificato dalle revisioni costituzionali che hanno avuto luogo a partire dal 1983, ha indubbiamente conferito, almeno sulla carta, molti poteri ai comuni e, dal punto di vista formale, ha aumentato il controllo del governo locale sui propri affari. Più in particolare, negli ultimi trent’anni, in Messico, alle municipalità è stato riconosciuto il diritto a partecipare all’indirizzo politico dello Stato di cui fanno parte, e al processo di revisione o integrazione della Costituzione del suo Stato. Va tuttavia osservato come, ancora una volta, dal punto di vista sostanziale le riforme abbiano avuto in verità un impatto piuttosto limitato sull’autonomia politica del Comune.

Uno degli esempi più chiari è dato dalla riscossione dell’imposta patrimoniale: i Municipi non sono titolari di un potere di imposizione fiscale diretta, ma dipendono integralmente dai trasferimenti disposti dal Governo federale.22 Come è stato osservato,23 il trasferimento di maggiori poteri ai governi subnazionali non ha significato un corrispondente aumento delle loro capacità amministrative e istituzionali.

Si può infatti notare una forte dipendenza delle autorità subnazionali dalle entrate raccolte a livello federale e statale e, di conseguenza, si può parlare di un decentramento effettivo e reale per la scelta delle spese e non anche per la gestione autonoma delle entrate. Per questa ragione si può parlare di un decentramento fittizio o perlomeno realizzato a metà, dal momento che vede limitate le azioni dei governi subnazionali e agisce come un meccanismo normativo che controlla l’autonomia sia degli Stati che dei Comuni.24

Il significativo aumento delle entrate comunali è quindi la conseguenza della crescita dei finanziamenti federali e non è dunque imputabile al riconoscimento della capacità impositiva delle amministrazioni locali ai quali

per lo più negata la possibilità di riscuotere direttamente le imposte. Le risorse trasferite dai governi federali messicani agli Stati e ai Comuni rappresentano infatti la principale fonte di reddito a livello locale con gravi conseguenze sullo sviluppo economico del singolo Comune.25

Come è stato osservato il Messico, rispetto ad altri ordinamenti, sia federali che unitari, presenta un grave squilibrio tra le entrate e le spese del governo a livello centrale e subnazionale. Dal punto di vista delle entrate, il Messico sembra più vicino ai governi unitari che ai sistemi federali. Al contrario, la spesa rende il Messico più simile ai Paesi caratterizzati da un elevato decentramento di poteri. Si potrebbe allora dire che il Messico spende come uno Stato federale ma genera entrate al pari di un Paese centralizzato.

A differenza della definizione tradizionale di “decentramento” (la cui peculiarità è il trasferimento di funzioni e risorse dal governo nazionale alle entità subnazionali), il dislocamento di poteri a vantaggio delle municipalità messicane è avvenuto, da un lato, assicurando una deconcentrazione dall’alto verso il basso di poteri e risorse ma, dall’altro lato, ha comportato un ri-accentramento dal basso verso l’alto per ciò che concerne la riscossione dei redditi e la fornitura di servizi.26

In sostanza, si può cogliere una sorta di divario tra forma e sostanza, o meglio, tra autonomia formalmente riconosciuta ed efficace ed effettivo decentramento così male implementato. Si può infatti parlare di una decentralizzazione parzialmente “fittizia”.

La conclusione parrebbe allora essere quella sottolineata in un articolo pubblicato su The Economist del 15 novembre 2014, intitolato Mexico’s political system. Redrawing the federal map, in cui, efficacemente, sul sistema fiscale messicano, è stato scritto «Il potere si può disperdere, il denaro no», evidenziando come l’80% delle entrate federali sia stanziato per la federazione; la maggior parte del residuo spetta agli Stati, mentre soli il 5% viene devoluto i comuni.

Referencias

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1 De Vergottini, Giuseppe, “Stato federale”, Enciclopedia del diritto, vol. XLIII, Milano, Giuffré, 1990, p. 833.

2In questo senso, Pegoraro, Lucio, “Introduzione”, in Pavani, Giorgia, Pegoraro, Lucio (a cura di), Municipi d’Occidente, Roma, Donzelli, 2006, p. XLVIII.

3 Mezzetti, Luca, “L’America Latina”, in Carrozza, Paolo, Di Giovine, Alfonso, Ferrari, Giuseppe Franco (a cura di), Diritto costituzionale comparato, Roma-Bari, Laterza, 2017, p. 461.

4 Steytler, Nico, “Comparative reflections on local government and metropolitan regions in federal countries”, in Blindebancher, Raoul, Pasma, Chasma (ed by), Dialogues on local government and metropolitan regions in federal countries, Forum of Federations, 2007, Booklet Series, vol. 6, Montreal, McGill-Queen’s University Press, p. 3; Steyler, Nico (ed by), A Global Dialogue on Federalism, vol. 6, Local Government and Metropolitan Regions in Federal Systems, Montreal, McGill-Queen’s University Press, 2009.

5 Ferrari, Sergio, “Local Government in Brazil and Switzerland: A Comparative Study on Merger an Inter-Municipal Cooperation”, IFF Working Paper Online, Núm 5, Fribourg, 2015, disponible en: https://www3.unifr.ch/federalism/en/research/iffworking paperonl.html.

6 Kincaid, John, “Overview of Local Government” in Kemp, Roger L. (ed. by), Forms of Local Government, MacFarland & Company Jefferson, 1999, p. 5.

7 Delgado de Cantù, Gloria M., Historia de Mexico, México, Pearson Prentice Hall, 2002.

8Torres Estrada, Pedro, “Federalismo e municipalità in Messico e Venezuela”, in Pavani Giorgia, Pegoraro Lucio (a cura di), op. cit., p. 328.

9 Rodriguez, Victoria E., Decentralization in Mexico. From reforma municipal to solidaridad to Nuevo federalismo, Boulder, Westview Press, 1997.

10Torres Estrada, Pedro, op. cit., p. 329.

11Per un’attenta ricostruzione, cfr., Flores, Arturo A., Local Democracy in Modern Mexico: A Study in Partecipatory Methods, Arena Books, Bury St.Edmunds, 2005, pp. 9 ss.

12 Fagen, Richard, Tuohy, William, Politics and Privilege in a Mexican City, Stanford, Stanford University Press, 1972, p. 83, osservano come «Each level of government is weaker, more dependent and poorer than its immediate-superior level. Local government is the least autonomous entity of the Mexican political pyramid».

13Sul punto, ex multis, cfr., Luna Leal, Marisol, “Conflictos por límites territoriales intermunicipales en México. Estado de la cuestión, México”, Instituto de Investigaciones Jurídicas de la UNAM, p. 299, desponible en: www.juridicas.unam.mx (https://archivos. juridicas.unam.mx/www/bjv/libros/6/2921/14.pdf).

14 Fix-Fierro, Héctor, “Judicial Reform and the Supreme Court of Mexico: The Trajectory of Three Years”, Mexico Law Journal, vol. 6, n. 1, 1998, p. 1.

15 Torres Estrada, Pedro, La autonomía municipal y su garantía constitucional directa de protección, México, UNAM, 2005.

16Flores, Arturo, op. cit.

17 Olivos Campos, José René, “Gobernación municipal en Mexico: alcances y desafios”, Revista IUS, vol. 7, núm. 32, julio-diciembre de 2013, p. 118, il quale osserva come il riconoscimento della capacità di gobernar comporti la possibilità di esercitare: «la acción y los resultados de gobernar, que conjuga legalidad, administración, recursos, organización, decisiones y participación mediante las instituciones del gobierno para la atención de exigencias, la definición de objetivos y la conducción de la sociedad».

18Sull’art. 2 cfr., Magneschi, Chiara, “Una riflessione sull’articolo 2 della Costituzione messicana: i “diritti indigeni”, Jura Gentium, 2009, desponible en: http://www. juragentium.org/topics/rights/it/magnesch.htm.

19 Araceli Burguete Cal y Mayor, “Municipios indígenas: por un régimen multimunicipal en México”, Alteridades, México, vol.18, núm. 35, enero-junio de 2008.

20 Santin del Rio, Leticia, “Decentralization and Democratic Governance in Mexico”, in Tulchin, Joseph S., Selee, Andrew (ed. by), Decentralization and Democratic Governance in Latin America, Washington, Woodrow Wilson Center Press with Johns Hopkins University Press, 2004, p. 167; Carrera-Hernandez, Ady P., “La descentralización municipal in México. Breve historia de su evolución y desafíos”, Revista Iberoamericana de Gobierno Locale, Granada, núm. 11, noviembre de 2016, il quale sottolinea come il processo di autonomia e decentralizzazione dei municipi messicani non sia stato lineare, al punto da potersi parlare di una «descentralizatión sin autonomía».

21 Galilea Ocón, Sergio, Letelier Saavedra, Leonardo, “El estado de los servicios descentralizados en América Latina. Una perspectiva comparada”, Revista del CLAD Reforma y Democracia, núm. 55, febrero de 2013, p. 17.

22 Vedaschi, Arianna, “Il federalismo fiscale in Messico”, in Ferrari, Giuseppe Franco (cura di), Federalismo, sistema fiscale, autonomie. Modelli giuridici comparati, Roma, Donzelli, 2010, pp. 504-505.

23 Cabrero Mendoza, Enrique, “Fiscal federalism in Mexico: Distortions and Structural Traps”, Urban Public Economics Review, vol. 18, 2013, p. 12.

24 Unda Gutiérrez, Mónica, Moreno Jaimes, Carlos, “La recaudación del impuesto predial en México: un análisis de sus determinantes económicos en el período 1969-2010”, Revista Mexicana de Ciencias Políticas y Sociales, Universidad Nacional Autónoma de México, nueva época, vol. 60, n. 225, septiembre-diciembre de 2015, p. 45, osservano come «La constante de la historia fiscal mexicana ha sido la baja recaudación tributaria. Los tres niveles de gobierno la padecen pero quien más la sufre es la hacienda municipal».

25 Romo de Vivar Mercadillo, Manuel Ricardo, “Descentralización fiscal, capacidades administrativas y recaudación del impuesto predial en los municipios de México: una aproximación teórica”, Economia y Sociedad, núm. 35, julio-diciembre de 2016, p. 155, ma spec., p. 156, osserva testualmente: «México ha vivido un proceso de descentralización fscal, con diferentes intensidades y ritmos, para hacer frente a los problemas públicos que se presentan a nivel estatal y, especialmente, en el ámbito municipal, este proceso se ha distinguido por la transición de un modelo centralizador a uno descentralizado que busca tanto la equidad fiscal como la eficiencia económica, mediante las Funciones de distribución y asignación de los recursos, por parte del gobierno federal a los gobiernos locales».

26 Selee, Andrew, Decentralization, Democratization and Informal Power in Mexico, Pennsylvania, Penn State University Press, 2011; Astudillo Moya, Marcela, Garcia Morales, Maria Isabel, “Inter-Governmental Fiscal Relationships of Municipalities in Argentina and Mexico”, International Journal of Accounting and Taxation, June 2015, vol. 3, n. 1, p. 15; Smith, Heidi Jane, “Descentralización fiscal y capacidad de gobiernos locales: los casos de México y Argentina 1990-2010”, Revista de Administración & Desarrollo (Colombia), vol. 41, p. 45.

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