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Nova tellus

versão impressa ISSN 0185-3058

Nova tellus vol.35 no.2 Ciudad de México Jul./Dez. 2017

https://doi.org/10.19130/iifl.nt.2017.35.2.768 

Artículos

La funzione della conoscenza storica nella teoria politica e nella precettistica retorica secondo Aristotele: l’importanza della visione globale

The function of historical knowledge in political theory and in rhetorical precepts according to Aristotle: the importance of the global vision

Elisabetta Poddighe* 

* Università degli Studi di Cagliari. Italia. poddighe@unica.it.


Riassunto:

Questo articolo affronta il problema del ruolo della conoscenza storica nel pensiero di Aristotele. In particolare considera il passo della Retorica (1.4.1359b 30-32) nel quale Aristotele afferma che solo l’essere storico (historikon einai) consente di raggiungere quella visione globale (synoran) che è una condizione indispensabile per la conoscenza e la comprensione della politica.

Parole chiave: Aristotele e la storia; il metodo storico-comparativo di Aristotele; la teoria politica di Aristotele; la Retorica di Aristotele

Abstract:

This article deals with the role of historical knowledge according to Aristotle. In particular, it focuses on the judgment expressed in Aristotle’s Rhetoric (1, 4, 1359b 30-32) on the benefits of the comparative (historical) method for the knowledge and the comprehension of matters that are subject to political deliberations and political choices. Here Aristotle states that a global vision (synoran), an indispensable condition for the knowledge and comprehension of politics, can only be reached through historical research (historikon einai).

Keywords: Aristotle and History; Aristotle’s Comparative (Historical) Method; Aristotle’s Political Theory; Aristotle’s Rhetoric

Tra le sparse riflessioni aristoteliche che hanno come tema la “fecondità del concetto di ἱστορία”1 si legge una proposizione particolarmente significativa: è la sottolineatura fatta nella Retorica relativamente all’utilità dell’historikon einai ovvero al valore che la ricerca condotta con metodo storico aggiunge alla conoscenza delle cose (1, 4, 1359b 30-32).

La funzione dell’historikon einai -sottolinea Aristotele- è quella di rendere intelligibile la realtà secondo una visione complessiva (synoran). In termini più precisi, Aristotele afferma che l’historikon einai serve ad allargare lo spazio del giudizio perché accresce i dati che si possono raccogliere attraverso l’esperienza diretta (l’emperia) e permette così di giungere a una visione d’insieme (synoran).2

Non è esagerato definire questa affermazione “notevole” nella prospettiva di conoscere la concezione aristotelica della storia, che può essere meglio compresa se si chiarisce la questione dell’utilità secondo Aristotele della conoscenza storica e il suo giudizio sulla possibilità di conoscenza “sinottica” che l’historikon einai prospetta. È perciò piuttosto anomalo che, nei tanti studi dedicati al problema del rapporto tra Aristotele e la storia,3 la sottolineatura del rapporto di dipendenza stabilito dallo Stagirita tra l’historikon einai e il synoran non abbia ricevuto (fatte poche eccezioni)4 l’attenzione che merita. Non stupisce invece che una definizione tanto pregnante sul valore della ricerca condotta con metodo storico si trovi nella Retorica: è in quest’opera infatti che Aristotele parla più ampiamente della storiografia5 e dell’utilità delle opere storiche.6 Il contesto nel quale Aristotele riconosce in modo esplicito la possibilità di conoscenza che l’historikon einai prospetta è quello in cui si definiscono gli argomenti delle deliberazioni politiche (ciò di cui si discute nella polis): sono gli argomenti che occorre conoscere “per consigliare bene” e orientare le scelte politiche della comunità. Le considerazioni sull’utilità della storia sono contenute nei capitoli 4 e 8 del primo libro della Retorica. In entrambi i casi la storia di cui si tratta è l’historia delle praxeis. Sono le azioni umane raccontate nelle opere storiche. È la storiografia nel senso che ci è familiare ancora oggi nel suo nucleo essenziale.7 Con riguardo a quella historia Aristotele sviluppa complessivamente due concetti 1) che lo studio della storia è indispensabile all’esercizio della capacità critica che serve al politico per valutare la realtà e consigliare le scelte migliori alla comunità (Rhet., 1, 4, 1359b 19-1360a 37); 2) che lo studio della storia allarga lo spazio del giudizio perché accresce i dati raccolti attraverso l’emperia e permette così di giungere al synoran (Rhet., 1, 4, 1359b 30-32). Di queste due considerazioni, solo la prima appare adeguatamente valutata dagli studiosi.

1. A chi serve conoscere la storia delle praxeis e per fare cosa

Per quanto riguarda l’utilità della storiografia -osservava Santo Mazzarino- Aristotele “aveva idee precise”,8 e perciò si esprime chiaramente riguardo alla questione essenziale: a chi serve studiare la storia e per fare cosa. Avere studiato speculativamente (tetheorekenai)9 le guerre, non solo quelle interne ma anche quelle degli altri popoli, studiare (eidenai) ed essere esperti di legislazione, conoscere (eidenai) le costituzioni e le leggi e gli usi vigenti presso gli altri popoli oltre che nel proprio stato, conoscere (eidenai) la condizione finanziaria complessiva dello stato (entrate e spese, quelle proprie e quelle delle altre poleis): questa -dice Aristotele- “è la cosa più importante e decisiva di tutte per consigliare bene” (Rhet., 1, 4, 1359b 19-1360a 37) ed è materia di studio dell’uomo politico, dato che spetta al politico il compito di consigliare le scelte più valide per il bene della comunità.10 Conoscere il passato è decisivo perché consente di vedere le analogie tra eventi passati e presenti perché “da cause simili è naturale che si producano effetti simili” (Rhet., 1, 4, 1360a 3-5). Perciò “gli argomenti che si traggono dai fatti avvenuti” “sono i più utili” quando si decide sul futuro: perché il futuro “per lo più è simile al passato” (Rhet., 2, 20, 1394a 7-8).11 Che la storiografia fornisca il materiale più utile per esercitare la coscienza critica di chi deve agire per il bene comune è detto nel modo più chiaro in Rhet., 1, 4, 1360a 35-37. Qui Aristotele afferma che “le storie (historiai) di quelli che scrivono sulle azioni umane (praxeis) -dunque i testi storiografici- sono utili alle deliberazioni politiche” e aggiunge che “tutto ciò è compito della politica, non della retorica”. Il valore di questa distinzione è considerevole.12 Aristotele la introduce per sottolineare che il materiale descritto nelle opere storiche consente di realizzare un momento conoscitivo solo quando diviene oggetto di riflessione politica o theorein:13 quando cioè il fine è pervenire a quella conoscenza completa ed obiettiva delle modalità e delle cause di certi processi politico-sociali che deve guidare la praxis politica.14 Diverso è il valore che assume quello stesso materiale in ambito retorico perché diversa è la funzione che Aristotele attribuisce alla figura del retore il quale, quando si esprime davanti all’assemblea sulle questioni che sono oggetto di deliberazione, agisce in una fase successiva rispetto all’elaborazione che “dei fatti acquisiti mediante la historia” ha dato il politico, ed è un “portavoce” piuttosto che un autonomo interprete del materiale storico.15 Diverse le funzioni dunque -conoscere e valutare, l’uno, persuadere l’altro- anche se spesso sono simili gli strumenti dialettici utilizzati (ci torneremo).16 Tuttavia, nella Retorica non è in discussione la “forma” del discorso storico,17 ma appunto la funzione della conoscenza storica nell’ambito della theoria politica. Con riguardo a questo problema, la proposizione della Retorica riassume efficacemente ciò che Aristotele pensava dello studio della storia: lo studio della storia è indispensabile all’esercizio della capacità critica che serve a valutare la realtà e a consigliare le scelte migliori alla comunità.

Ma quale il valore proprio di uno studio condotto con metodo storico (historikon einai) ovvero in che modo l’historikon einai migliora le conoscenze che il politico deve acquisire?

Per affrontare il problema conviene richiamare i principi costitutivi della concezione aristotelica dell’historia: (1) lo statuto epistemologico dell’historia ovvero la validità teorica di quel tipo di conoscenza, i modi e i limiti della conoscenza che produce; (2) la funzione ausiliaria della storia rispetto al theorein ovvero come l’historia contribuisce alla conoscenza scientifica della realtà e in che misura è differente il suo contributo rispetto all’empeiria (la conoscenza che deriva dalla pratica, dall’esperienza diretta delle cose).

2. Historia come supplemento dell’empeiria

Sui tratti distintivi del concetto aristotelico di historia la discussione tra gli studiosi resta molto vivace, ma alcuni punti appaiono relativamente chiari. Il termine historia indica la ricerca, l’indagine, in pressoché tutte le occorrenze di questo vocabolo nell’opera aristotelica.18 Può definire genericamente il reperimento e l’esposizione dei dati che servono all’elaborazione concettuale19 o designare specificamente la storiografia (cf. Poet., 9, 1451b 4, 7, e 23, 1459a 22).20 Non essendo una scienza esatta, historia non “dispone di uno spazio epistemologico suo proprio” ovvero non rappresenta una disciplina “a sé stante”.21 Non è un’episteme né una techne.22 Ciò si deve al carattere (alla struttura ontologica) degli oggetti che descrive: i genomena, i particolari.23 Nella celebre formula di apertura del capitolo 9 della Poetica (1451a 36) Aristotele si esprime in modo netto affermando che il compito della storia -più precisamente, in quel passo, il compito di chi scrive un’opera storica-24 è raccontare i particolari (ta genomena legein)25 e che perciò l’historia è meno filosofica della poesia: perché il compito specifico della historia è l’indagine volta alla raccolta e alla registrazione dei fatti particolari.26 Complessivamente nella Poetica (9, 1451a 20-b 6, e 23, 1459a 18-36) Aristotele riconosce -attraverso il confronto tra gli elementi filosofici della poesia e quelli della storia- che la storia ha più difficoltà a cercare gli universali per due ragioni: (1) in quanto l’opera storica tipicamente registra i particolari e (2) in quanto la narrazione storica è dominata dall’unità temporale invece che dall’unità dell’oggetto.27 Che tali limiti apparissero ad Aristotele soprattutto caratteristici della storia cronachistica e meno della storia antiquaria di cui si tratta nella Retorica, è possibile, ma non è necessario credere che Aristotele riflettesse nella Poetica e nella Retorica su due diversi modelli di storia.28 Nella Poetica non è esclusa la parziale “filosoficità” della storia29 e nella Retorica Aristotele riconosce all’historia -a partire dal confronto con l’empeiria- le stesse qualità euristiche che le vengono diffusamente riconosciute nel resto della sua opera (politica e non).30 Nell’opera politica è il materiale storico che permette di pervenire alla conoscenza “più completa ed obiettiva delle modalità e delle cause di certi processi politico-sociali”.31 Nelle opere biologiche è il materiale raccolto con l’indagine storica che serve all’elaborazione concettuale e costituisce il primo grado dell’indagine scientifica vera e propria.32 In questo quadro generale gli studiosi hanno riconosciuto la specifica funzione dell’historia rispetto al theorein e la misura della distanza tra l’historia e l’empeiria: solo l’historia consente di vedere gli universali,33 anche se questi non costituiscono il suo proprio oggetto di studio. Diversamente dagli émpeiroi, che non spiegano i nessi causali (il dioti: Met., 1, 1, 981a 29)34 e non giungono al theorein,35 gli autori di historiai possono offrire elementi validi per una sistemazione scientifica che coglie gli aspetti universali della realtà e così integra il processo che vuole giungere ad una definizione scientifica (per causas) della realtà.36Historia consente insomma di giungere a quel tipo di conoscenza mediante la quale è reso manifesto non solo “il che cosa sia l’oggetto, ma anche il suo perché”.37 Alla capacità euristica dell’historia contribuisce in maniera decisiva la caratteristica sulla quale riflette Aristotele nella Retorica: che cioè l’historia allarga lo spazio del giudizio, ampliando i dati che si possono raccogliere attraverso l’emperia e configurandosi così come un “supplemento di empeiria”.38

Torniamo a questo punto alla questione già evocata precisandola: in che modo l’historikon einai migliora le conoscenze che il politico deve acquisire, stante l’insufficienza dell’emperia?

Il giudizio di Aristotele è che l’historikon einai migliora tale conoscenza in quanto consente di arrivare a una visione d’insieme e la visione d’insieme è indispensabile al giudizio sui politika. La storia serve ad allargare lo spazio del giudizio perché amplia il novero dei dati che possono essere raccolti attraverso l’emperia e consente di mettere a confronto casi differenti.

3. Historikon einai e synoran

È un’idea quella della visione d’insieme che nella Retorica si riconosce nei riferimenti sparsi e già considerati circa l’opportunità di allargare la conoscenza anche a ciò che sfugge alla verifica diretta perché è lontana da noi: occorre conoscere complessivamente la condizione delle finanze (non solo le entrate proprie ma anche quelle degli altri stati); è necessario studiare globalmente le guerre, non solo quelle interne o vicine, ma anche quelle lontane, e la stessa prospettiva d’indagine andrà applicata allo studio dei corpi legislativi e delle costituzioni.39

Questa idea della visione coplessiva che consente di riconoscere analogie e differenze è resa adeguatamente nella Retorica (1, 4, 1359b 19-32) con il verbo synoran: qui infatti si afferma che con riguardo a quelle materie (ταῦτα δ᾽) non è possibile acquisire una visione complessiva dalla sola esperienza individuale (οὐ μόνον ἐκ τῆς περὶ τὰ ἴδια ἐμπειρίας ἐνδέχεται συνορᾶν) ma è necessario compiere ricerche su quanto è stato escogitato dagli altri stati, per poter dare consigli su questi argomenti (ἀλλ᾽ἀναγκαῖον καὶ τῶν παρὰ τοῖς ἄλλοις εὑρημένων ἱστορικὸν εἶναι πρὸς τὴν περὶ τούτων συμβουλήν).

Cos’è il synoran? Synoran è il vedere insieme, l’abbracciare un soggetto.40 Attestato solo a partire dal iv secolo, il verbo ricorre nell’opera platonica e aristotelica per definire la comprensione che passa per il ragionamento sinottico.41 Negli studi dedicati ai trattati che compongono la logica aristotelica (Topici, Analitici primi e Analitici secondi) -dove compare come sinonimo di theorein/theoria ma anche di synesis42 (la capacità di comprensione che è frutto del ragionamento sinottico)- il suo significato appare adeguatamente chiarito: il synoran definisce il movimento del comprendere che risale al di la di ciò che il dato dice, è il trascendimento del dato in direzione del senso finale, dell’ultima comprensione della cosa stessa.43 È la comprensione degli universali a partire dallo studio dei particolari che è favorita dalla scelta di un soggetto unitario.44 Gli studi sul lessico epistemologico aristotelico hanno in particolare riconosciuto la centralità del synoran nell’ambito dei seguenti processi conoscitivi: vedere le analogie,45 vedere le differenze,46 vedere insieme analogie e differenze,47 risolvere le aporie di una ricostruzione che non appare plausibile,48 ricondurre a unità il molteplice disperso.49

Nella Retorica il verbo synoran ricorre -oltre che nel passo in cui è messo in rapporto all’historikon einai- nel secondo capitolo del primo libro della Retorica dove Aristotele riflette sull’utilità del ragionamento “globale” in ambito deliberativo. Qui Aristotele afferma che ragionare sinotticamente aiuta a convincere gli uditori,50 particolarmente “nell’ambito di materie sulle quali deliberiamo ma per le quali non abbiamo regole precise, e gli uditori sono incapaci di avere una visione generale essendo molte le questioni né sono in grado di seguire una lunga serie di argomentazioni” (Rhet., 1, 2, 1357a 1-4). Anche in questo contesto synoran ricorre col medesimo significato: è la visione d’insieme resa possibile dalla considerazione di casi molteplici.

Sarebbe ragionevole attendersi che quando synoran compare in diretto rapporto con historikon einai, l’interpretazione di questo nesso offerta dagli studiosi sia quella di una diretta dipendenza, tale per cui il synoran è prodotto dell’historikon einai. Diversamente, gli studiosi hanno giudicato spesso questo rapporto nei termini di un’opposizione e hanno considerato il synoran come il prodotto dell’empeiria.

Sono indicative alcune traduzioni. Da quella di John Henry Freese (1926): “Of these things it is not only possible to acquire a general view from individual experience, but in view of advising concerning them it is further necessary to be well informed about what has been discovered among others”;51 a quella più recente (2014) di Silvia Gastaldi: “Non basta acquisire una visione complessiva (συνορᾶν) e partire dall’esperienza individuale (ἐκ τῆς περὶ τὰ ἴδια ἐμπειρίας), ma è necessario, per consigliare in questa materia, fare una ricerca (ἱστορικὸν εἶναι) sugli espedienti scoperti dagli altri”.52

Secondo queste traduzioni, a rendere possibile il synoran non è l’historikon einai ma è l’empeiria. Analogamente, le poche trattazioni esistenti hanno inteso il synoran come prodotto dell’empeiria.

A considerare per primo la possibilità di un’opposizione tra synoran e historikon einai è stato il Bonitz il quale, nel suo Index Aristotelicus, afferma che è l’empeiria a rendere possibile il synoran in opposizione all’historikon einai:53 “τῶν παρὰ τοῖς ἄλλοις εὑρημένων ἱστορικὸν εἶναι opp. ἐκ τῆς περὶ τὰ ἴδια ἐμπειρίας συνορᾶν”.

L’idea che il synoran sia il prodotto dell’empeiria invece che dell’historikon einai si mantiene anche nella più articolata e sistematica interpretazione del passo proposta da Ezio Riondato nel suo Storia e metafisica nel pensiero di Aristotele.54 Questa la sua traduzione “non solo è possibile osservare (συνορᾶν) queste cose in base all’esperienza delle cose proprie, ma è anche necessario essere storico (ἱστορικὸν εἶναι) delle cose ritrovate dagli altri (τῶν παρὰ τοῖς ἄλλοις εὑρημένων), in vista di quella deliberazione che si deve prendere intorno a queste cose”.55 Anche secondo l’interpretazione offerta da Riondato synoran è il prodotto dell’empeiria. Lo studioso, infatti, pur suggerendo di non leggere un’opposizione ma un’interazione56 fra l’empeiria e l’historikon einai, mantiene la distinzione tra l’historikon einai e il synoran e argomenta, coerentemente con l’interpretazione di Bonitz e Freese, il fatto che è l’empeiria a rendere possibile il synoran, non l’historikon einai. Aggiunge infatti Riondato, a spiegazione della sua traduzione: si tratta di un concetto rivolto “da una parte (συνορᾶν) all’esperienza delle cose proprie e quindi supposte vicine e presenti, dall’altra (ἱστορικὸν εἶναι) rivolto alle cose trovate dagli altri, e quindi supposte lontane e non presenti e tali da aver bisogno di una testimonianza (ἱστορία)”.57

Qui si argomenta invece l’ipotesi che il synoran sia prodotto dell’historikon einai. Le traduzioni capaci di riconoscere la dipendenza diretta fra l’uno e l’altro sono numerose.58 Si vedano ad esempio le traduzioni di R. Claverhouse Jebb e J. Edwin Sandys “A comprehensive view of these questions cannot be obtained simply by experience in private affairs; it is further necessary, with a view to giving counsel on these things, to be aquainted with the discoveries of others”;59 ma anche quella di M. Dufour: “L’expérience des finances de son pays ne suffit pas pour s’élever à une vue d’ensemble; il est encore nécessaire pour donner des conseils autorisés en ces matières de pouvoir faire une enquéte historique sur les procédés inventés chez les autres peuples”.60 Infine, quella di Armando Plebe: “Ma non è possibile avere una visione completa dalla sola esperienza del proprio paese, bensì è necessario indagare anche sui ritrovati degli altri popoli per poter consigliare intorno ai propri affari”.61

Queste traduzioni colgono il senso dell’affermazione aristotelica, il fatto cioè che è l’historikon einai -non l’empeiria- a consentire il synoran, ampliando il numero dei dati che si possono raccogliere attraverso l’emperia e allargando lo spazio del giudizio.62

Altri argomenti -oltre a quanto già osservato sui limiti dell’empeiria rispetto al theorein63- conducono a valorizzare il nesso tra historikon einai e synoran. Innanzitutto è il fatto che Aristotele affronti in diversi luoghi della sua opera il problema della conoscenza dei politika a partire dalla valorizzazione del metodo comparatistico che si fonda sul ragionamento sinottico. Sono i luoghi nei quali Aristotele, considerando il fine dello studio costituzionale e il ruolo dell’interazione nomoi-politeia, sottolinea la centralità della visione d’insieme ai fini di una migliore comprensione. In questo contesto Aristotele afferma che per conoscere (theorein) le costituzioni e le leggi, e più in generale le materie che sono oggetto di deliberazioni e di scelte politiche, occorre superare la dimensione dell’empeiria -fondamentale ma che da sola non basta- e considerare la materia politica globalmente, con senso storico, con l’atteggiamento proprio dello storico.

4. Il metodo storico comparativo nell’Etica Nicomachea e nell’Athenaion Politeia: l’importanza del giudizio d’insieme

Quando Aristotele nel decimo libro dell’Etica Nicomachea (1180b-1181b) illustra il metodo dello studio storico dei politika ribadisce il concetto che per conoscere (theorein) occorre superare la dimensione dell’empeiria.64 In particolare, nel decimo libro dell’Etica Nicomachea, Aristotele riconosce i limiti delle ricerche storiche condotte dai predecessori sulle costituzioni e sulle leggi, giudicate incapaci di andare oltre l’empeiria e di arrivare alla theoria perché fermatesi allo studio dei “particolari”.65 Tali ricerche, in quanto finalizzate al semplice catalogo di Politeiai invece che allo studio teorico di politeiai e nomoi insieme, non hanno prodotto quel giudizio d’insieme necessario invece alla vera comprensione.66 La comprensione vera è la synesis (EN, 1181a 17) e il contesto dice in modo inequivocabile che questa comprensione è il risultato di una valutazione comparativa che dà -che solo può dare- il synoran, anche se in questo caso il verbo utilizzato è συνίδοιμεν (EN, 1181a 21). Anche in questo contesto si ribadisce l’importanza dello studio delle praxeis. Qui Aristotele rileva che le raccolte delle leggi e delle costituzioni saranno utili per coloro che sono in grado di riflettere e di discernere e fa riferimento allo stesso programma di studio storico e comparativo: la raccolta di dati (anche attinti indirettamente) e la loro com parazione. È quel tipo di ricerca “che comporta l’adozione di metodologie scientifiche che sono quelle necessarie per condurre indagini storiche e comparative”.67 Il contesto della riflessione nella sezione conclusiva dell’Etica Nicomachea permette di riconoscere la funzione della ricerca storica per arrivare a una visione globale (συνίδοιμεν) e alla vera comprensione (synesis) di cui si dice nella Retorica.68 Per dare consigli in merito alle cose politiche occorre conoscere e per conoscere non basta l’esperienza personale ma occorre l’indagine storica. Non basta l’ empeiria, ma occorre invece uscire dai limiti spaziali e temporali dell’empeiria. Non basta guardare a fatti presenti e vicini ma occorre valutare anche quelli lontani nello spazio e nel tempo.

Questa stessa regola appare evocata nell’Athenaion Politeia quando Aristotele valuta ricostruzioni storiche che hanno a che fare col giudizio sulla storia politica e che a suo giudizio generano aporie, quando cioè deve rigettare interpretazioni diverse da quelle su cui è fondata la sua ricostruzione. Anche in questi casi Aristotele fa appello alla regola che deve guidare il theorein in materia di politika. Nel capitolo 9 dell’Athenaion Politeia, dove Aristotele critica quanti nel iv secolo mal giudicavano l’opera legislativa di Solone perché condizionati dalle vicende contemporanee (τῶν νῦν γιγνομένων) e perché interessati solo alla lettera di singole leggi, indicativamente afferma che è giusto (δίκαιον) valutare (θεωρεῖν) la volontà politica di Solone guardando “al resto della sua politeia” (ἐκ τῆς ἄλλης πολιτείας), dunque valutando la politeia nel suo insieme. La regola da seguire, quando si voglia valutare un progetto politico della storia passata o comunque un dato tema politico, è la stessa: occorre uscire dai limiti spaziali e temporali dell’empeiria, non guardare cioè soltanto a fatti presenti e vicini ma considerare globalmente, con senso storico, il problema.69

5. Synoran e forma del discorso storico

Dunque, e concludendo, per meglio intendere la visione aristotelica della storia come strumento di conoscenza dei politika, è utile riconoscere e valorizzare il rapporto di dipendenza tra l’historikon einai e la visione d’insieme (synoran). Resta da comprendere se la riflessione di Aristotele sull’efficacia e l’utilità della visione d’insieme che dà l’historikon possa dirci qualcosa di utile rispetto al problema della forma del discorso storiografico. Ciò che appare relativamente chiaro è che la “visione d’insieme” resa possibile dalla conoscenza della historia, dei testi storiografici, interessa Aristotele come modalità di riflessione, di comprensione e di studio dei politika. La sinossi, lo si è visto, interviene nel processo di conoscenza. Tale conoscenza sinottica può avere ricadute nella fase della deliberazione quando il politico deve convincere. Infatti -secondo il già considerato passo della Retorica- ragionare sinotticamente aiuta ad essere più efficace nell’ambito di materie sulle quali gli uditori “sono incapaci di avere una visione generale essendo molte le questioni né sono in grado di seguire una lunga serie di argomentazioni” (Rhet., 1, 2, 1357a 1-4).70 Dunque visione d’insieme per comprendere, visione d’insieme per convincere e incidere sulle scelte politiche. Ancora una volta sono distinti i due momenti: quello del ragionamento politico e quello della persuasione.71

Ma quali riflessioni si possono ricavare a partire dal concetto di synoran a proposito delle marche modali del discorso storiografico (ovvero come si scrive la storia)? Che posizione assume Aristotele se si guarda alla storiografia successiva che si pone il problema della storia da raccontare sinotticamente?

È giusto riconoscere la specificità della riflessione aristotelica rispetto alle successive riflessioni condotte sul tema dagli storici, in particolare rispetto all’idea della visione complessiva (synopsis) che secondo Polibio era capace di cogliere l’unità interna di un evento storico e di rendere visibile “lo spettacolo della storia”.72 Diversamente da Polibio, Aristotele non afferma che l’unità e la sintesi del discorso storico sono da trovare nell’oggetto, semmai nel punto di vista del soggetto.73 Si trova, d’altra parte, nell’opera aristotelica l’implicita sottolineatura dell’utilità del ragionamento per temi qualitativamente omogenei e razionalmente ordinati: un tipo di ragionamento capace di superare il limite dell’opera storica di cui si dice nella Poetica (cap. 23), ovvero il fatto di cercare soltanto nel nesso posto dal tempo l’unità degli elementi particolari della realtà umana.74 Che nella sua opera storica Aristotele abbia scelto la politeia come categoria interpretativa e descrittiva della storia della polis non può apparire privo di significato.75 La politeia rappresentava al tempo stesso un tema capace di rivelare i nessi causali fra i genomena, ordinati secondo una sequenza intelligibile,76 e di offrire quella “comprehensive view” sulla storia della polis77 che Aristotele giudicava indispensabile al fine di maturare un giudizio storico di qualità.

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1La definizione è di Riondato 1961, p. 78. Per conoscere il giudizio aristotelico sulla fecondità dell’historia occorre ricomporlo considerando non solo l’opera politica (Retorica, Etiche, Politica, Athenaion Politeia) e i celebri capitoli della Poetica (9 e 23), ma anche la Metafisica, l’opera biologica e alcuni dei trattati che compongono la dottrina logica (Analitici primi e Analitici secondi, Topici). Tra gli studi più completi, oltre al volume di Riondato, sono il volume di Zoepffel 1975, e i saggi di Carli 2011, pp. 321-349, e di Bertelli 2014, pp. 289-304. Quest’ultimo (p. 294) giustamente osserva “Aristotle’s political philosophy depends on his historical knowledge [...] the historiographer Aristotle remembers himself to be something other than historian [...] if we want to understand Aristotle as historian then, we must make a synthesis of the two positions”.

2Rhet., 1, 4, 1359b 30-32: Ταῦτα δ᾽οὐ μόνον ἐκ τῆς περὶ τὰ ἴδια ἐμπειρίας ἐνδέχεται συνορᾶν, ἀλλ᾽ἀναγκαῖον καὶ τῶν παρὰ τοῖς ἄλλοις εὑρημένων ἱστορικὸν εἶναι πρὸς τὴν περὶ τούτων συμβουλήν.

3Il tema è stato affrontato con riferimento a problemi diversi (il metodo aristotelico, il rapporto tra Aristotele e la storiografia precedente, le qualità della ricerca storica aristotelica nella Politica e nelle Politeiai, l’interazione fra teoria aristotelica e storia della politeia ateniese, le forme del ragionamento e del discorso storico teorizzate nell’opera aristotelica). Cf. Bloch 1940, pp. 355-76; Diano 1954, pp. 387 ss.; Guthrie 1957, pp. 35-41; Weil 1960; Id., 1977, pp. 202-217; Riondato 1966, pp. 410-472; Day-Chambers 1967; Starr 1968, pp. 69 ss.; Huxley 1972, pp. 157-170; Châtelet 1974, pp. 407-448; Gastaldi 1975, pp. 384-392; Zoepffel 1975; Fornara 1983, pp. 91-141; von Fritz 1984, pp. 101-124; Nicolai 1992, pp. 45 ss.; Cresci-Piccirilli (a cura di) 1993; Piérart (éd.) 1993; Maddoli (a cura di) 1994; Ginzburg 1999, pp. 38-53; Arrighetti 2006, pp. 230-235; Zangara 2007, pp. 109-133; Polito-Talamo (a cura di) 2010; Eadd 2012; Rossitto-Coppola-Biasutti (a cura di) 2013; Bertelli 2014; Poddighe 2014, pp. 13-22, 35-73; Moggi 2017, pp. 55-64. Per gli studi sul problema dello statuto della storia definito nei capitoli 9 e 23 della Poetica, cf. infra, n. 26.

4Cf. Bonitz 19552, p. 348; Riondato 1961, pp. 70-81; Zangara 2007, pp. 109-133, delle cui trattazioni si darà conto ampiamente più avanti.

9Sul significato del ricorso ai verbi theorein/eidenai nella Retorica, cf. Kennedy 1996, pp. 169-171, e Graff 2001, p. 40, n. 26.

11Sul fatto che occorre saper riconoscere i nessi causali fra i genomena perché spesso si riprongono con configurazioni simili, cf. Nicolai 1992, pp. 42-47; Carli 2010, pp. 316 ss. e 2012, pp. 336 ss.; Moggi 2017, p. 25; Bertelli 2014, pp. 292-293.

12Fondamentali le pagine di Gastaldi 1975, pp. 384-392, che tratta adeguatamente la complessità del rapporto tra retorica e politica nella riflessione aristotelica, e di Nicolai 1992, pp. 48-49, secondo il quale la distinzione, con riferimento alla storiografia, è tra la funzione della politica (a cui spetta redigere la storia delle praxeis) e quella della retorica (che si deve servire dei fatti storici nella pratica oratoria). Sul rapporto fra storia/storiografia e retorica in un contesto più generale, cf. Ginzburg 1991, pp. 79-92 e 1999, pp. 38-53; Butti de Lima 1996; Moggi 2017, pp. 25-26.

13Theorein che allude, in ambito politico, all’acquisizione di una competenza approfondita e meditata, pur non indicando una conoscenza di tipo specificamente teoretico: cf. Gastaldi 2014, p. 379.

16Tra gli strumenti dialettici comuni è ad esempio il ragionamento per eikos: cf. Blank 1984, pp. 275-284; Grimaldi 1980, pp. 383-398; Warnick 1989, pp. 299-311; Ginzburg 1999, pp. 38-53; Lombardi 2003, pp. 211-220; Arrighetti 2006, pp. 230-235; Allen 2014, pp. 47-64. Comune è anche il ragionamento dialettico che permette di arrivare a una visione complessiva o synoran (Rhet., 1, 2, 1357a 1-4), anche se il momento dell’analisi spetta esclusivamente alla scienza politica (Rhet., 1, 4, 1359b 17).

17Cf. infra, pp. 75 ss.

18Ricche rassegne di passi nei contributi di Louis 1955, pp. 39-44, di Weil 1960, pp. 89 ss.; di Riondato 1961, pp. 53 ss.; di Gastaldi 1973, pp. 225-236, e di Carli 2011, pp. 337-345.

19An. Pr., 1, 30 46a 19-29: qualunque sia l’ambito scientifico in oggetto, è necessario procedere innanzitutto al reperimento e all’esposizione dei dati che serve poi all’elaborazione concettuale. Cf. Bertelli 2014, pp. 291 ss.

20E ciò anche se talvolta Aristotele usa per designare la storiografia perifrasi diverse quali “opere storiche concernenti le praxeis” (Rhet., 1360a 33 ss.). Cf. Nicolai 1992, p. 46, n. 29.

22La scienza infatti “è un tipo di apprensione relativa agli universali e a ciò che è necessario”, non è quindi frutto delle scelte umane: l’azione dell’uomo può essere anche diversamente da come è, perciò né la politica né la storia sono categorizzabili tra le scienze, in quanto si occupano di ciò che non è mai stabile e regolare ma di ciò che dipende interamente da noi (EN, 1139b 19-25; 1140a 1-2; 1140b 31). Cf. Leszl 1989, p. 126. Cf. anche Louis 1955, p. 44; de Ste Croix 1992, p. 21; Gastaldi 1975, p. 391; Zangara 2007, p. 115.

23Cf. Metaph., 1, 981a 14-17: “l’esperienza è conoscenza delle cose individuali, mentre l’arte è conoscenza degli universali”. Cf. Gastaldi 1973, pp. 240-242 e 1975, p. 391; Vegetti 1989, pp. 121-112; Nicolai 1992, pp. 234 e 236; Salanitro 1999, p. 31; Zangara 2007, p. 115; Carli 2011, pp. 328 ss.; Bertelli 2014, pp. 289 ss.

25Cf. Hd., I, 1, e Thuc., I, 22, 4.

27Cf. Vegetti 1989, pp. 121-122: compito della storia è, secondo Aristotele, ta genomena legein, ma non è questa la vera differenza rispetto alla poesia. Il problema è un altro che si affronta nel cap. 23: l’unico operatore di unificazione di cui dispone il racconto storico è il contenitore temporale, il chronos, entro il quale sono disposti i suoi genomena, mentre quelli della narrazione epica e tragica sono connessi dall’unità della praxis “una, intera e compiuta”. Di qui il “rifiuto aristotelico di riconoscere agli oggetti della storia quelle marche modali che invece contrassegnano il campo tragico”. Cf. anche Zanatta (a cura di) 2004, pp. 473-481, e Zangara 2007, pp. 109 ss.

33Sul fatto che historia consenta di cogliere l’universalità di senso dei genomena, cf. Zangara 2007, pp. 114-115; Carli 2010, pp. 305-316, e 2011, pp. 321 ss. e 335 ss.

34Cf. Carli 2010, p. 309: “Aristotle tipically characterizes empeiria as gnôsis of par ticulars and of facts (to hoti) and art and science as knowledge of universals that illuminates the why of things (to dioti)”.

35Cf. Aubenque 1965, pp. 97-114, sulla posizione che Aristotele esprime rispetto ai limiti dell’empeiria come accumulo di dati frammentari che impedisce la theoria. Lo studioso (cf. pp. 103, 107-109) si sofferma in particolare su quanto Aristotele osserva in EN, 1180b e 1181 1-4, a proposito dei sofisti che agiscono sulla base di una certa qual capacità ed esperienza invece che della riflessione (cf. infra, p. 74). Al riguardo cf. anche Stecchini (ed.) 1950, pp. 39 ss. Sull’insufficienza dell’empeiria per la conoscenza scintifica (theoria), cf. anche Pol., 1258b 11, con Bonitz 19552, p. 242. Sul tema si vedano: Zangara 2007, p. 116; Carli 2010, pp. 309 ss., e 2011, pp. 337-45; Sorio 2013, pp. 93 ss. Riflessioni utili anche in Bertelli 2014, pp. 290 ss., il quale giustamente riconosce la funzione dell’empeiria nel processo di conoscenza che riguarda il giudizio su casi affini.

37Cf. Leszl 1989, pp. 101-102, che commenta EE, 1, 6, 1216b 35-39. Per la capacità di historia di cogliere le connessioni organiche, le sequenze causali cf. Carli 2010, pp. 305 ss. Cf. Carli 2011, pp. 345 ss., sul ruolo dell’historikos capace di rivelare i nessi causali fra i genomena e di ordinarli secondo una sequenza intelligibile. Cf. anche Sorio 2013, pp. 91 ss., per il quale l’historia aristotelica studia le cause delle praxeis: la causa che muove l’azione (ciò che il soggetto subisce) e la causa finale (il fine) e in questo quadro mette a confronto la riflessione aristotelica nei capitoli della Poetica con Phys., 2, 7, 198a 14-21: An. Post., 2, 11, 94a 36-b 8; EN, 1, 1, 1094a 1-22. Cf. anche Bertelli 2014, pp. 289-304.

38La ricerca storica allarga lo spazio del giudizio ampliando i dati che si possono raccogliere attraverso l’emperia: An. Pr., 1, 30, 17-22. Cf. Riondato 1961, pp. 72-73; Zangara 2007, pp. 113-116.

39Rhet., 1, 4, 1359b 37-1360a 38. Cf. supra, pp. 63-64.

40Cf. Gadamer 1975, p. 331, sul synoran come “the art of seeing things in the unity of an aspect”.

41Sul concetto di synoran nel Fedro, cf. de Muralt 1996, pp. 37 e 49; Zangara 2007, pp. 113 ss. Si vd. anche Plat., Rep., 537c, sulla necessità di considerare in sinossi le varie materie e sul fatto che è dialettico solo chi è capace di tale considerazione sinottica. Sul “synoran eis hen eidos” delle Confutazioni sofistiche (167a 38 ss.; 174a 18 ss.), cf. Gadamer 1975, p. 331. Per l’uso nei Topici (158a 5; 163b 10 ss.) e nella Metafisica (1070 a 32), cf. de Muralt 1996, pp. 37 e 49.

42Sύνεσις da συνίημι: capacità di comprensione (cf. anche Arist., EN, 1143a 17; 1161b 26) e dunque conoscenza, scienza (Pol., 1342b 8; An., 410b 3).

45 McCaskey 2007, p. 366: “When describing induction in Posterior Analytics II 19, Aristotle says that a universal arises when from the memory of multiple particulars one recognizes ‘whatever is one and the same in all these items’ (II 19, 100a8). To discern similarities, Aristotle offers little advice in the Topics other than to look and see, using verbs such as skeptesthai or synoran, ‘to look at carefully’, or using the noun, theoria, ‘a looking at’. In the Posterior Analytics, he says, ‘for this is the way perception instils universals’ (II 19, 100b5)”. Per il synoran to analogon, cf. anche Metaph., 1048a 37, con Stein 2014, pp. 33-60, e Jansen 2016, pp. 93-138.

47Cf. de Muralt 1996, p. 41; McKeon 1998, p. 178 sul synoran to tauton kai to eteron nelle Confutazioni sofistiche (163a 38 ss.; 174a 18 ss.).

50Non diversamente da Platone (cf. supra, n. 41).

52Cf. Gastaldi 2014, p. 67. In sede di commento, però, la studiosa (p. 379) intende il passo nel seguente modo “secondo Aristotele non è sufficiente conoscere gli aspetti finanziari del proprio paese per poter conseguire una buona visione d’insieme dei problemi. Occorre al contempo condurre ricerche anche riguardo alla situazione di altre città e cioè historikon einai”.

55Idem.

56Idem: è la “integrazione del meno col più” è il “non solo... ma anche...”. Cf. anche Zangara 2007, pp. 113-116.

58Va detto che la maggior parte delle traduzioni offerte nel secolo xix hanno correttamente inteso il passo. Cf. Welldon 1886, pp. 27-28: “But is not only from experience at home that a comprehensive view of these questions may be derived; it is indispensable, if one is to deliberate and advise respecting them, that he should be equally familiar with the discoveries made in other lands”. Cf. anche Buckley 1888, p. 30: “These, however, are points which we must not only learn from our experience as individuals; but with a view to deliberation on these subjects, one ought to be qualified by a research into the discoveries made by other people”. Cf. anche il commento al passo di Meredith Cope-Edwin Sandys 1877, p. 64: “Not these alone are to be inquired into, by the statesman and public speaker, but also the inventions of other nations in regards of these some matters”. Gli stessi autori commentano a proposito di synoran che occorre “to take a comprehensive view for the purpose of comparison”.

62Bene intende Zangara 2007, pp. 113-116, che però non sviluppa questa riflessione in rapporto alla visione complessiva dei politika.

63Cf. supra, p. 67.

64Riconoscono che Aristotele illustra nei due contesti —nei capitoli 4 e 8 del primo libro della Retorica e nel decimo libro dell’Etica Nicomachea una “posizione analoga” e “lo stesso “programma di studio”: Leszl 1989, pp. 95-96; Gastaldi 2014, p. 382.

66Per la critica al catalogo delle politeiai, cf. Pezzoli 2014, p. 175.

68EN, 1181a 17 (σuνέσεως) e 1181b 21 (συνίδοιμεν).

70Cf. supra, pp. 70-71.

71Cf. supra, pp. 63-64.

73La posizione tradizionale è che Polibio reagisse alle critiche aristoteliche della Poetica sul racconto storico disorganico (Vegetti 1989, pp. 123 ss.; Zangara 2007, pp. 179 ss.; Hartog 2010, pp. 37-39; Pot 2010, p. 525).

74Se, come afferma Aristotele nel capitolo 23 della Poetica, il limite principale dell’opera storica è quello di adottare la dimensione temporale come unico nesso tra soggetti qualitativamente disomogenei (cf. Vegetti 1989, pp. 121-122), il rimedio è nella scelta di temi omogenei che rivelino per analogia e per differenza gli universali (Carli 2011, pp. 348-349).

75Lo studio della costituzione di una città è lo studio della città tutta dal punto di vista della forma che possiede, dunque è uno studio della città nella sua essenza. Cf. Leszl 1989, pp. 110 ss. Sulla “forma” che serve a dare un senso ai fatti, cf. Zangara 2007, pp. 33 ss. Sulle finalità teoriche della ricerca storica condotta sulle politeiai da Aristotele, cf. Stecchini 1950, pp. 38-44; Bravo 2007, p. 521: “historia, which ‘recounts wars’, forms part of ‘political discourse’, whereas the study of politeiai and of customs and laws, summed up in the ‘life’ of a city, forms part of ‘research’ (theoria). This last might consist of either philoosphical or erudite research”. E ancora (p. 521): “Aristotle’s intention was that this collection of Politeiai should serve as a basis for philosophical reflection on the polis itself”.

77Sulla politeia come categoria efficace per descrivere la storia di una polis, cf. Poddighe 2014, pp. 39-45, e 2016, pp. 77-101. Cf. anche Mulhern 2015, pp. 84-102. Per l’idea più generale che la politeia rappresenti “a natural means of inquiry about the past as a a potential avenue for civic historiography”, cf. Tober 2010, p. 423.

Received: July 30, 2017; Accepted: November 28, 2017

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