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Nova tellus

versión impresa ISSN 0185-3058

Nova tellus vol.27 no.2 Ciudad de México nov. 2009

 

Reseñas y notas bibliográficas

 

ROSSETTI, Livio, I "sophoi" di Elea: Parmenide e Zenone

 

Maria Protopapas-Marneli

 

Bari, Levante Editori, 2009, 48 pp. (+ 30 p. Appendice iconografica, a cura di Francesco de Martino)

 

Recepción: 21 de septiembre de 2009.
Aceptación: 23 de octubre de 2009.

 

Parole chiave: Città di Elea, filosofia eleatica, Parmenide, Zenone di Elea.

 

Keywords: Elea, eleatic philosophy, Parmenides, Zeno of Elea.

 

Con questo saggio, breve ma denso e gustoso, Livio Rossetti, professore presso l'Università di Perugia e direttore scientifico di Eleatica,1 vale a dire l'appuntamento annuale nel Complesso Alario di Ascea (Salerno), ci introduce alla filosofia delle due grandi personalità native di Elea, Parmenide e Zenone.

Conoscere lo sviluppo del pensiero degli uomini non può essere disgiunto dall'ambiente in cui essi sono nati e hanno vissuto; per questo motivo il Rossetti ha inteso, con questa "guida scientifica" di Elea (Ascea Marina, Velia, Elea o prima ancora Yele) accogliere il visitatore, "che viene qui quasi in pellegrinaggio", soffermandosi sugli scavi, che hanno portato alla luce importanti documenti relativi non solo ai filosofi di Elea, ma anche alla storia della città stessa (p. 9). Che si tratti di un allievo, di uno studente, di un ricercatore, di un professore di filosofia o anche di un semplice amante della filosofia greca antica, il visitatore entra in questa vera polis i cui cittadini erano orgogliosi di appartenervi, come pure si vantavano della loro cultura e della famosa scuola di medicina che vi aveva sede. Gli abitanti di quest'antica colonia greca dei Focei, secondo Erodoto,2 furono costretti a partire dalle coste della Ionia e finirono per stabilirsi definitivamente, dopo grandi sventure, ad Elea, nel VI secolo a. C.

Parmenide nacque ad Elea e fu allievo di Senofane di Colofone, saggio poeta conviviale il quale, dopo aver a lungo viaggiato per tutta la Grecia, vi si stabilì e scrisse un poema Peri physeos, in cui illustrava i "segreti" della natura (p. 16). Parmenide scrisse anch'egli un poema dal titolo Peri physeos, molto probabilmente a imitazione del suo maestro.

La sezione dedicata a Parmenide (pp. 19-35) si apre con il capitolo: "Parmenide, Dante e ... un'autentica colonna sonora". È evidente che questo originale raffronto tra i due poeti colpisce subito il lettore, perché sembrerebbe che Dante abbia inconsapevolmente imitato Parmenide, all'inizio del suo poema. Dante, che al principio della sua narrazione, senza alcun preambolo, dichiara di essersi trovato, a trentacinque anni di età, in una selva oscura, avendo smarrito la diritta via, ricorda il kouros di Parmenide che viene portato su un carro trainato da cavalle. Questo raffronto, tuttavia, facilita enormemente il lettore italiano che cerchi di afferrare il senso del poema parmenideo, poiché gli offre la possibilità di partire da un punto di riferimento a lui molto familiare (il primo canto dell' Inferno di Dante) con un unico scopo: quello di ravvicinare il pensiero dei due poeti, che al principio dei loro poemi si trovano entrambi in uno stato di sonno o dormiveglia. Di seguito, ma sempre nello stesso capitolo, l'autore propone un'idea sorprendente e innovatrice per l'interpretazione del poema: quella di cogliere tutti i rumori custoditi nei periodi del proemio per trasformarli, attraverso le immagini descritte a parole, in suoni reali, che scuotano la fantasia del lettore. Ma vi è di più; perché accanto alle immagini descritte dal poeta eleata, accanto alla via descritta con le sue parole, vi è la vera polis di Elea. Si tratta cioè della città che gli scavi hanno riportato alla luce; ed è appunto della strada che porta verso il portico dell'acropoli, che pare parlare Parmenide durante il suo viaggio fantastico. E così, da questo avvicinamento tra l'archeologia e la filosofia si coglie fino a che punto queste due scienze coesistano e dipendano l'una dall'altra.

Il Rossetti, senza stancare il lettore, procede a una rapida ma fruttuosa analisi dell'essere parmenideo, adottando uno stile inconsueto, non tanto tecnico, pensato per le esigenze della comprensione orale; e pur trattandosi di un testo scientifico, l'uso della forma del dialogo vivacizza il ritmo della lettura e tiene sempre sollecito l'interesse del lettore/visitatore.

Nello stesso modo il R. arriva al capitolo successivo, dal titolo "Passiamo al secondo logos", in cui si illustra il motivo per cui la dea, dopo avere mostrato al poeta la strada della verità, successivamente lo guida per rivelargli la strada dell'opinione. E mentre la prima strada, quella dell'essere, è caratterizzata dalla stabilità, l'altra, la strada dell'opinione, è caratterizzata dalla molteplicità (p. 26). Riferendosi alla sezione dedicata ai corpi celesti, il Rossetti sottolinea con cura l'originalità del discorso della dea, la quale enumera, in una sorta di indice, i fenomeni celesti. Inserire un indice nei libri, sottolinea l'autore, è una novità che appare soltanto durante l'età ellenistica. Qui Parmenide sembra toccare il problema dell'isolamento della terra nello spazio e definisce la divisione della terra in zone (cap. "Un modo creativo di rappresentarsi il cosmo", pp. 2730). Questa originalità del pensiero antico si ritrova per la prima volta presso le scuole italiche, dato che un secolo dopo Anassagora la ignorava, Socrate ne dubitava e Platone medesimo non l'accettò che in uno stadio avanzato delle sue riflessioni sulla costituzione dell'Universo.3

Nel capitolo successivo, "Un'idea di Popper" (pp. 31-35), il Rossetti afferma che Popper4 potrebbe aver completamente penetrato il pensiero di Parmenide, dal momento che spiega la doxa attraverso le fasi della luna, così come essa è vista dalla terra. Ciò sembra molto probabile, in quanto Cicerone, negli Academica,5 descrive la forma della terra ma analizza anche il termine probabile, al quale si riferisce pure Popper. È possibile che Popper si sia ispirato allo studio di quest'opera ciceroniana per sostenere la sua tesi sui concetti dell'aletheia e della doxa di Parmenide.

Il capitolo "Parmenide medico" (pp. 32-33) riporta alla domanda, posta di frequente, "Parmenide fisico o medico?", un dibattito aperto da tanti anni e che pone l'accento sul modo in cui il filosofo passava dall'astrologia alla fisiologia umana. Il Rossetti sottolinea a ragione che, tenendo come punto di partenza non solo i frammenti parmenidei del poema che si riferiscono alla fecondazione e alla procreazione, ma anche i risultati degli scavi che hanno portato alla luce iscrizioni con il nome di Parmenide come Ouliades, si può affermare che il filosofo fu anche un medico-fisico, un'ouliades physikos. Seguendo il pensiero di G. Calogero,6 Parmenide non è un physikos nel senso aristotelico (anzi, in tal senso lo era solo secondariamente); è piuttosto un physikos-Ouliades, cioè un "naturalista risanatore", in quanto si occupò non solo del puro eon, ma anche delle singole realtà dell'esperienza, e se ne era occupato dapprima come medico, a quanto risulta anche dai frammenti superstiti.

Nell'ultimo capitolo su Parmenide, "Lo straordinario successo di Parmenide" (pp. 33-35), l'autore insiste sul fenomeno del pensiero parmenideo, che fin dall'antichità suscitò infiniti dibattiti. È proprio con Parmenide che lo spirito greco si allontana dall'indentificazione del Dio con la Natura, per dirigersi verso quel razionalismo completo (panlogismo) che si ritrova per la prima volta nell'opera dell'Eleata. Così, dai principi materiali di Talete e di Anassimene, dell'acqua e dell'aria, il pensiero filosofico risale verso i principi intelligibili: il numero secondo i Pitagorici, il Logos secondo Eraclito, l'essere secondo Parmenide, gli atomi secondo Democrito. E questi principi, alle volte opposti tra loro, hanno un carattere identico, diremmo un'affinità fondamentale, l'intelligibilità. Per quanto riguarda Parmenide, si tratta della nozione della verità (aletheia), la verità della ragione che è impossibile cercare nel molteplice, cioè nel mondo sensibile. Tenendo conto del successo e dell'effetto che la filosofia parmenidea suscitò nel pensiero dei filosofi a lui posteriori e sopratutto in Platone, il Rossetti sottolinea appunto che il filosofo di Elea seppe raccogliere col dinamismo del suo pensiero tutti gli spiriti geniali del v secolo, dispersi in gran parte del Mediterraneo, realizzando una sorta di prima "Repubblica delle Lettere" o la prima "globalizzazione" tra intellettuali.

La sezione su Zenone (pp. 37-46) introduce il lettore al pensiero del discepolo e concittadino. Il Rossetti procede, con lo stesso piacevole stile di scrittura, all'analisi dei motivi che condussero il filosofo a inventare circa quaranta paradossi, appunto per indicare come anche nel mondo fisico, apparentemente logico, esistano delle assurdità. Basta pensare alla teoria dell'essere del maestro, apparentemente assurda, per arrivare finalmente alla ragione assoluta, spogliata dalle apparenze superficiali (p. 41).

Zenone non ha voluto fornire la soluzione dei suoi quesiti. Ha voluto soltanto stimolare l'intelletto del lettore, affinché questi possa arrivare a una soluzione logica. I suoi "paradossi" (che sia Achille e la tartaruga, la freccia che si muove oppure rimane immobile, oppure ancora la questione dell'esistenza dello spazio) richiedono però un approccio rigoroso, la ricerca di una soluzione tutt'altro che alla leggera. Si deve studiare Zenone per potere rispondere alle sue sfide intellettuali. Siamo noi a rispondere ai problemi posti dal filosofo. E mentre Parmenide ha voluto istruire il lettore, presentandogli la via della verità, Zenone non assume mai questa attitudine, dichiara il Rossetti (p. 45). Volendo adesso tratteggiare il discepolo, si può dire che è l'unico ad avere lasciato libero il pensiero del lettore, perché trovi da sé la soluzione dei suoi quesiti. Ciò che prevale però, sottolinea infine il Rossetti, è il dinamismo intellettuale di questi due filosofi, che accende perfino oggi incessanti dibattiti filosofici (p. 46).

Dopo i riferimenti bibliografici (pp. 47-48), il libro presenta un'appendice iconografica, realizzata dal Professor Francesco De Martino con l'assistenza di Elisabetta Floreano e di Tiziana Gubbiotti, in cui sono raccolte testimonianze antiche e, più numerose, moderne della fortuna dei filosofi di Elea-Velia e dei "paradossi" zenoniani.7 Oltre all'affresco con Zenone di Santa Maria Novella (fig. p. 50), il libro offre al visitatore/lettore una serie di cartine sia geografiche, sia topografiche, fotografie degli scavi della città di Elea, ritratti dei due filosofi, per finire con i fumetti ispirati ai paradossi zenoniani. Il Rossetti ha saputo regalare al lettore/visitatore dell'antica Elea un libro davvero utile, una guida scientifica e un manuale indispensabile a chi voglia conoscere, pensare, comunicare con gli Eleati, passeggiare negli scavi e passeggiando, magari, provare a risolvere qualcuno dei paradossi zenoniani.

 

Notas

1 Appuntamento annuale che ha luogo sotto la direzione di Livio Rossetti ed è costituito da tre lezioni magistrali che hanno come tema la filosofia presocratica e segnatamente la filosofia eleatica. Nel 2008 è uscito il volume relativo ad Eleatica 2006: N.-L. Cordero et al., Parmenide scienziato? (Sankt Augustin, Academia Verlag), che dà voce anche a un vasto dibattito, con interventi di G. Cerri, F. Gambetti, A. Hermann, M. Pulpito, C. Robbiano, L. Rossetti e A. Wacziarg. Volumi analoghi sono previsti per le successive edizioni di Eleatica con lezioni di M. Laura Gemelli Marciano (Univ. Zürich) nel 2007, Jonathan Barnes (Sorbonne, Paris) nel 2009 e A. P. D. Mourelatos (Univ. Texas at Austin) nel 2010.

2 Storie, Libro I, 163-168.

3 Cf. A. Fresca, in Atti del V convegno di studi sulla Magna Grecia, Napoli, L'arte tipografica, 1966, pp. 165-169 (p. 164).         [ Links ]

4 K. R. Popper, The World of Parmenides. Essays in Presocratic Enlightenment, London, Routledge, 1988.         [ Links ]

5 Academica, II, 37, 11. V. anche Acad., II, 32 , 104 e fr 19 in Augustin., C. Acad., II, 26.

6 Cf. Filosofia e Medicina in Parmenide, in Atti del 5o convegno di studi sulla Magna Grecia, Napoli, L'arte tipografica, 1966, pp. 69-71 (p. 70).         [ Links ]

7 Francesco de Martino, Andavano e non sapean dove, p. 51 del medesimo libro.

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