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Boletín mexicano de derecho comparado

versión On-line ISSN 2448-4873versión impresa ISSN 0041-8633

Bol. Mex. Der. Comp. vol.43 no.128 Ciudad de México may./ago. 2010

 

Artículos

 

Coinvolgimento e distacco nella comparazione mondo*

 

Involvement and Detachment in the World-Comparison

 

Michele Carducci**

 

** Ordinario di Diritto costituzionale comparato. Università del Salento, Italia.

 

* Artículo recibido el 25 de agosto de 2009
Aceptado para su publicación el 11 de enero de 2010.

 

Resumen

El artículo examina la teoría de Norbert Elias sobre la "figuración", como el conjunto de adquisiciones históricas y de civilización de cada contexto institucional, y propone este método para la comparación constitucional en la realidad contemporánea. Cada comparación en la lectura e interpretación de las Constituciones refleja un balance entre tradiciones, culturas, formalizaciones intelectuales de los sujetos, así como de los objetos de la investigación. Esto significa que las "figuraciones" del investigador condicionan el conocimiento. Sin embargo, sólo un análisis histórico de los procesos de civilización de cada contexto institucional evita envolvimientos involuntarios.

Palabras clave: comparación constitucional, método interdisciplinar, civilización, figuración, tradición, cultura, derecho político comparado.

 

Abstract

The article examines the theory of Norbert Elias with the concept of "figuration", as authorship of Scholars in describing decision-making strategies of constitutional comparison. All comparisons in reading and interpretation of the Constitutions reflect a balance among traditions, cultures, intellectual formalizations of author and object of investigation. In this way, the act of comparison is elevated to approach to the political context as process of civilization of all constitutional subjects.

Keywords: constitucional comparison, authorship, interdisciplinary method, civilization, figuration, tradition, culture, compartive political law.

 

Sommario

I. Dal Wissen al Verstanden. II. Utilità di Norbert Elias per il comparatista. III. Il soggetto che compara tra coinvolgimento e distacco. IV. Complessità e "figurazioni". V. Dalle tradizioni "ideal-tipi-che" alla storicità interdisciplinare. VI. Verso un "diritto politico" comparato? VII. Per concludere.

 

I. Dal Wissen al Verstanden

"Pensare un oggetto non significa conoscerlo". La nota espressione kantiana sintetizza la premessa esplicativa dei tre stili di pensiero, che storicamente hanno consentito di elaborare teorie di comprensione della realtà: sapere senza pensare (Wissen); pensare senza conoscere (Denken); conoscere per spiegare e comprendere (Erkennen-Erklären-Verstanden). Questa sintesi segna il passaggio evolutivo della costruzione scientifica di un oggetto, fornita non dalla semplice sapienza alimentata dal pensiero, bensì dalla conoscenza finalizzata alla spiegazione e comprensione del reale.

Tale constatazione definisce anche l'oggetto del diritto costituzionale come scienza e come teoria, ossia come conoscenza della realtà e teoria di spiegazione e comprensione della stessa. In questa prospettiva, qualsiasi ipotesi teorica che voglia essere scientificamente corretta, proprio perché riferita alla realtà e non semplicemente al pensiero, suppone tutta la storia della scienza su quell'oggetto e la storia stessa di quell'oggetto; non vive isolata nella testa del pensatore che pensa se stesso, ma poggia necessariamente sulla elaborazione precedente della scienza.

Lo scienziato è tutt'altro che "l'uomo nero in una stanza nera senza luce, in cerca di un cappello nero che potrebbe anche non esserci", come stigmatizzava Karl Popper. Al contrario, un simile relativismo empirista rischia di alimentare "ipotesi gratuite", non invece "ipotesi scientifiche", come ha ammonito proprio il padre della relatività del tempo e dello spazio, Albert Einstein.

Ecco allora che anche il diritto costituzionale, come scienza e come teoria, non può essere semplicemente inteso quale interpretazione di norme, ma piuttosto quale conoscenza della realtà nella sua storia, per la comprensione del rapporto fra norme e realtà.

Non a caso, le scansioni lessicali contemporanee puntualizzano le differenziazioni di approccio al pensiero e alla conoscenza. Così è per la nozione tedesca di teoria costituzionale (Verfassungstheorie), emancipata da quella di dottrina della costituzione (Verfassungslehre), proprio per il particolare oggetto della sua riflessione (non più solo norme, ma realtà), comprensibile non attraverso la sistemazione di norme (Systemdenken), bensì nella valutazione critica del loro impatto sulla realtà (Problemdenken). Analogamente si sviluppano la storia spagnola della coppia concettuale di derecho politico e derecho constitucional, la distinzione tipicamente anglosassone tra Constitutional law e Government, il contributo italiano della deversificazione tra Costituzione in senso formale e Costituzione in senso materiale (formula, quest'ultima, tendenzialmente incline a giustificare la forza normativa del fatto compiuto).1

Tuttavia, la consapevolezza della scientificità della conoscenza giuridica non deriva da una sorta di "megalomania giuridica" (juristischer Groessenwahn):2 se il filologo o lo storico confessano di non saper risolvere tutti i problemi che riguardano le rispettive scienze, ciò non è da imputare ad una presunta loro inferiorità rispetto a qualsiasi giurista; molto più semplicemente, i limiti e i dubbi della loro conoscenza teorica non sospendono il corso della vita.

Al contrario, quando si tratta di regolare effettivamente le azioni umane, la scienza si fonde necessariamente con il corso continuo di quelle azioni, e non può non accompagnarle con i suoi giudizi, contingenti proprio perché di valore eminentemente pratico e pertanto approssimativi rispetto alle questioni teoriche non ancora risolte, ancorché necessari per gli eventi stessi della vita: tanto per colui che produce le regole giuridiche quanto per chi le dovrà applicare al caso concreto, o subire nel giudizio della sua condotta.

Ecco perché la scienza giuridica si profila come scienza inevitabilmente "pratica"; ma pur sempre scienza, non mera sapienza o astratto pensiero. È stato infatti osservato che "il problema che caratterizza l'interpretazione giuridica è il problema di intendere per agire o comunque per decidere, ossia per prendere posizione rispetto a precetti da osservare, o in ordine a dogmi, valutazioni morali, situazioni psicologiche da tenere in conto".3

La medesima esigenza decisionale di interpretazione e teoria giustifica e impone la costruzione della conoscenza giuridica attraverso la comparazione, se è vero, come ribadito nel documento noto come "Manifesto delle tesi di Trento",4 che "la comparazione, intesa come scienza, mira in modo necessario alla migliore conoscenza dei dati giuridici" e tale "conoscenza" si misura appunto con l'einsteiniana storia della scienza sull'oggetto e storia stessa dell'oggetto (l' "ipotesi scientifica" che scongiura le "ipotesi grauite").

Così chiarisce la terza delle "Tesi di Trento": "La comparazione rivolge la sua attenzione ai var ifenomeni delal vita giuridica realizzati nel passato o nel presente, considera le stesse proposizioni giuridiche (fra cui gli atti del legislatore e del giudice, e le definizioni del dottrinario) come fatti storici, e tende ad accertare ciò che è realmente accaduto. In questo senso, la comparazione è una scienza storica".

 

II. Utilità di Norbert Elias per il comparatista

In tale prospettiva, è riscontrabile, nell'ambito dello studio delle istituzioni come storia della loro conoscenza e storia degli oggetti di conoscenza, una formidabile, ma del tutto assente almeno nella dottrina costituzionalistica italiana, connessione tra le acquisizioni di metodo di Einstein, l'inquadramento della comparazione come "scienza storica", il diritto costituzionale come scienza pratica e come teoria, e i numerosi contributi di sociologia delle istituzioni di Norbert Elias: uno dei più grandi ma meno utilizzati scienziati sociali del Novecento.5 In merito, qualche riscontro si ha solo nella letteratura tedesca,6 ma difettano, in ogni caso, studi che ricorrano alle impostazioni di questo Autore.

Infatti, la comparazione costituzionale e la sociologia delle Costituzioni, quando vogliono emanciparsi dal razionalismo weberiano, attingono prevalentemente dai altri due noti teorici della società contemporanea, particolarmente attenti ai fenomeni costituzionali nella loro evoluzione: Niklas Luhmann e Jürgen Habermas. Il paradigma luhmaniano è quello della differenziazione funzionale e della evoluzione sociale come acquisizione delle funzioni di comunicazione, e quindi di selezione di possibilità, che si producono tra sottosistemi sociali, compreso il diritto e, in particolare, quello costituzionale.7

Si tratta di un approccio che oggettivizza le istituzioni come procedimenti autoriproduttivi e comunicativi tra sistemi parziali. Il modello habermasiano, invece, parte dalla definizione della modernità come stadio definitivo e irreversibile di affermazione di una coscienza morale universalista, di tradizione illuministica occidentale, capace di agire comunicativamente per diffondere riconoscimenti condivisi di linguaggio e di azione.8 Le istituzioni, in tale prospettiva, giocano un ruolo fondamentale di alimentazione e legittimazione dell'agire comunicativo nella diffusione di quei valori. Tutti e due i modelli, come si accennava, si occupano esplicitamente della Costituzione e della sua funzione normativa, dentro e fuori dell'Occidente. Per tale ragione, sono piuttosto conosciuti tra i costituzionalisti.9

Entrambi, tuttavia, condividono un presupposto di analisi comune a quello di Elias: la complessità della società moderna come tappa evolutiva del percorso di istituzionalizzazione degli individui. Da tale angolo di visuale, pertanto, anche le indagini di Elias si dovrebbero rivelare importanti, tanto da non giustificare la loro scarsa considerazione. Infatti, l'utilità risiede proprio nella originalità del suo contributo alla comprensione di questa complessità, che egli assume a premessa di comparazione interna ed esterna al contesto storico di nascita (l'Europa civilizzata), per spiegare i differenti sviluppi della forma Stato nelle società. Rispetto agli sbocchi antiumanistici del funzionalismo luhmaniano e all'universalismo occidentalizzante e omologante di Habermas, la specificità di Elias coincide, per l'appunto, con la sua attenzione antropocentrica sui processi di civilizzazione che, attraverso le istituzioni, coinvolgono l'individuo e, per mezzo dell'individuo, si consolidano come cultura di una società, in una storicità materiale che non parte da primati eurocentrici acquisiti, ma piuttosto studia la civilizzazione europea come contraddittorio apprendimento del complesso legame tra individuo, società e istituzione.

Così facendo, l'Europa non assurge a modello, ma ad oggetto di indagine da comparare con altri sviluppi sociali, per maturare la consapevolezza dell'esistenza di stadi differenziati di evoluzione, dentro e fuori dell'Europa, in cui non risultano (ancora) presenti categorie e concetti apparentemente universali —in particolare, quelli di individuale e sociale, base della istituzionalità moderna dello Stato—, e studiarne i percorsi storici di ostacolo o diffusione.

 

III. Il soggetto che compara tra coinvolgimento e distacco

Si tratta di un lavoro non classificatorio né puramente didascalico e informativo; un metodo di interpretazione della realtà, in cui la complessità è dentro il soggetto-oggetto di indagine: l'individuo nella società, o, come spiegherà lo stesso Elias, l'individuo della società.

Ma come può svolgerlo il costituzionalista comparatista "occidentale"/"europeo"? Anche per rispondere a questa domanda, il contributo di Elias si rivela fondamentale, in quanto apre la strada verso la considerazione dei condizionamenti, anche impliciti o emotivi, che il giurista osservatore porta con sé nell'aprire il proprio sguardo al mondo. Lo si coglie dal suo studio sui fenomeni di coinvolgimento e distacco del soggetto che osserva la realtà.10

Partiamo da questa premessa. La preoccupazione fondamentale del giurista comparatista11 è quella di costruire categorie universali, sulla base delle quali garantire oggettività alle scelte di confronto e alle valutazioni conseguenti. Pertanto, si può dire che in qualsiasi operazione di comparazione si profilano due percorsi logicamente distinti, ma entrambi indispensabili per promuovere una ricerca comparata: il primo è costituito dall'insieme di processi ipotetico-esperti, che edificano la portata astratta degli universali di un soggetto in termini di "coerenza interna" e "potenzialità universale" delle sue capacità di osservazione; il secondo comprende, invece, i processi deduttivistic-strumentali, da cui attingere la portata empirica di quelle osservazioni in termini di "coerenza esterna" e "utilità strumentale", verso e all'interno del mondo degli oggetti. Fissati gli universali del soggetto, è possibile render(si) utili nel mondo degli oggetti.

Tuttavia, il primo percorso si scontra con un problema assai rilevante, che investe la "scoperta-invenzione" che il comparatista fa dei propri universali. Si tratta, in effetti, dell'annoso problema dell'induzione, così formulabile: come è possibile, a partire dai dati della esperienza individuale del ricercatore —dunque sempre "parziali"— giungere ad una conoscenza che aspira ad una ampia validità, tendenzialmente, appunto, universale? Analogamente, anche il secondo percorso solleva interrogativi, sostanzialmente opposti al precedente, inquadrabili in termini di problema della deducibilità: come è possibile, a partire da quegli universali che sono spesso "astratti" e generici, giungere a conclusioni operative che vertono sempre su articolatissimi casi particolari e che la crescente molteplicità di cause concomitanti tende a rendere praticamente unici?

Qui entra in gioco la posizione di Elias, con il suo concetto di "coinvolgimento e distacco", per certi versi contiguo, come già accennato, alla teoria generale della relatività di Albert Einstein,12 in quanto finalizzato alla chiarificazione dei problemi generali sugli universali della scienza.

Elias parla di coinvolgimento dell'osservatore come "doppio-legame" —quasi-inconscio— dentro un tempo ed uno spazio che si esauriscono nell'esperienza dell'individuo stesso che studia realtà con spazi e tempi differenti. Il risvolto di questo stato soggettivo può consistere nella costruzione di idee e concetti che, rispetto alla realtà osservata, appaiono provenienti da nessun luogo e con durata nulla: u-cronici e u-topici.

Di conseguenza, ci si può staccare da una situazione sbilanciata verso il coinvolgimento, aumentando il livello di controllo di se stessi e degli eventi esperiti, e rinunciando così al riconoscimento del legame emozionale-esistenziale, o almeno indebolendo a sufficienza.

Ma questo sforzo non è scontato. Anch'esso richiede metodo. E il metodo concerne le modalità con le quali andrà colmata questa scissione entro il soggetto e tra questo e gli oggetti. Qui entra in gioco il contributo specifico della teoria della relatività einsteniana. Il suo nucleo principale consiste nel porre il punto di vista come una istanza scientifica. Realtà e "punto di vista" dell'osservatore sono correlativi. Il soggetto non può mai uscire da una sua collocazione particolare, nella quale è anche agito dal suo stesso "esser passivo", dalle sue "passioni"; ma questo fatto, invece di essere inteso come un limite "non scientifico" e un ostacolo alla possibilità di "conoscenza universale", ne diventa imprescindibile elemento determinante.

Ecco allora che il problema del "coinvolgimento" dovrà essere affrontato localizzando il punto di vista del soggetto all'interno della struttura del coinvolgimento, ovvero collocando spazio-temporalmente il soggetto e relativizzando opportunamente il suo punto di vista.

Il soggetto che osserva è "contemporaneamente" anche un essere "oggettivo", collocato, quale oggetto fra altri oggetti, in uno spazio e in un tempo dati e ricchi di determinazioni che sono esterne al suo ambito gnoseologico. Dentro questo tessuto viene elaborato il punto di vista "oggettivo" e "universale" dell'osservatore. Ma questo universale, proprio perché dentro un spazio/tempo del soggetto, non potrà che essere relativistico.

A questo punto, qualsiasi lavoro di comparazione, pertanto, non potrà che essere relativo (non "relativistico"), in quanto "scoperta" di una nuova dimensione tanto del coinvolgimento che del distacco del comparatista. Dal coinvolgimento chiuso nella dimensione emotiva del soggetto, dunque per lui indomabile antagonista alla sua ragione, si passa alle relazioni oggettuali tra soggetto e oggetti, in modo tale da fornire solo interpretazioni che variano-con la loro posizione.

Tuttavia, di fronte alla complessità del mondo globalizzato di oggi, tale constatazione conduce ad una ulteriore istanza di ri-definizione generale del lavoro di comparazione, per la quale non è possibile distaccarsi dal punto di vista del soggetto senza definire le opportune mediazioni di coinvolgimento invariante. Questo comporta un doppio sforzo da parte dell'osservatore: contribuire alla costruzione di un universale di tutti i punti di vista, che sia cioè universalmente condiviso nei luoghi e nei tempi in cui si esercita il confronto comparativo; definire le opportune mediazioni di un distacco covariante, ossia di un universale di ogni punto di vista, che sia universalmente sperimentabile in tempi e luoghi differenti.

La comparazione si rivela così scienza di continue convergenze di coinvolgimenti e distacchi dentro tempi e luoghi di confronto.

 

IV. Complessità e "figurazioni"

Il contributo di Elias suggerisce dunque di misurarsi con la complessità in termini interrogativi e consapevoli dei "limiti" del soggetto, al cospetto della comparazione-mondo dell'età contemporanea. È bene quindi partire proprio dal concetto stesso di complessità, per costruire l'ambito di inserimento del lavoro di comparazione.

È noto che il concetto di complessità si connette a due dimensioni epistemologiche specifiche.13

Da una parte, esprime una impostazione teorica antiriduzionistica, tesa a privilegiare, nella osservazione dei fenomeni, gli aspetti della discontinuità, della contraddizione, della individualità e della molteplicità, in luogo della riduzione ideal-tipica finalizzata alla classificazione universalizzante. Nel campo della comparazione politica e sociale, tale approccio non solo ha privilegiato il protagonismo del soggetto, come attore sociale che produce differenze e le moltiplica,14 ma soprattutto ha ridimensionato le tendenze analitiche, presenti soprattutto nell'ambiente nord-americano, che esaltavano le funzioni performative del linguaggio normativo, come strumento chiarificatore del confronto. In tale prospettiva, per esempio, si colloca la critica ai "discorsi costitutivi" di certo positivismo logico fiducioso nella forza normativa della scrittura legale,15 considerata causa della "realtà del proprio contenuto", in cui parole (Words) o espressioni (Utterances) creano (perform) diritto in un contesto sociale giuridico dato. Nel diritto comparato, lo sbocco di tale critica è coinciso con lo studio delle "finzioni" verbali e concettuali, alimentate dalla comparazione medesima.16

Il secondo fronte, cui rinvia il concetto di complessità, investe l'idea dell'oggetto della osservazione, da presumere complesso in quanto costruzione mutevole di elementi fra loro anche contraddittori ma reciprocamente costitutivi, non in ragione di una comune co-appartenenza, bensì proprio per le variabili che si creano al di là delle previsioni regolative e concettuali, in una permanente contingenza di ordine e disordine, necessità e casualità, innnesto di micro e macro-fenomeni, da studiare nei rapporti produttivi di ordine effettivo.17 Nel campo della comparazione giuridica, tale tendenza può apparire contraddittoria, nella misura in cui il rifiuto delle configurazioni onnicomprensive, piuttosto che discutere di un Systemdenken sensibile alla difficoltà della comprensione, sfoci in un irreversibile Problemdenken autoreferenziale, che alimenti controversie permanenti al limite dell'aleatorio, accomunate soltanto dalla proclamazione del valore supremo della realtà.18 Nel contempo, se non scade nel mero assecondamento della casualità, essa appare feconda di una serie di implicazioni sulla complessità stessa della osservazione comparata. Se ne devono considerare almeno quattro: il rifiuto dell'assolutezza razionale dell'analisi; il connesso ridimensionamento del richiamo al diritto costituzionale come tradizione universalizzante; la consapevolezza della matrice "occidentale" dei metodi comparativi, "imposti" al resto del mondo; la conseguente necessità di accettare la pluralità di forme di costruzione delle identità del soggetto costituzionale nei singoli ambiti.

Il rifiuto dell'assolutezza razionale, come forza superiore dell'analisi della realtà, nasce come reazione all'assolutismo politico e proposta di riconsiderazione della specificità dei percorsi storici di istituzionalizzazione dei singoli contesti.19 Tale opzione ha consentito di ridiscutere l'influenza dei principali modelli costituzionali nella conformazione della civiltà occidentale, contribuendo alla loro differenziazione.20 Nel contempo, ha posto in discussione il richiamo alla tradizione come conquista di generazioni passate, rappresentative di valori indispensabili per qualsiasi progresso umano.21 Infine, ha abilitato la contrapposizione tra Occidente e Oriente, come effetto delle immagini stereotipe, prodotte dall'intreccio di saperi scientifici e di amministrazioni coloniali.22 Su quest'ultima acquisizione, tra l'altro, si sono edificate non solo la corrente dei cosiddetti Border Studies,23 ma anche l'insieme delle critiche alla portata esplicativa dei richiami ai diritti umani,24 nonché la cosiddetta critica "post-coloniale", finalizzata a contestualizzare la storia dei complessi processi di decolonizzazione, per dar voce agli elementi crittotipici dei codici comunicativi di quelle società.25 Consequenzialmente, la contrapposizione ha fatto emergere la problematicità delle letture del costituzionalismo contemporaneo, nella loro dimensione mondiale e dunque nella molteplicità delle ramificazioni ormai riflesse sulla complessità del soggetto, come condizione umana26 e come identità plurima di riconoscimento.27

Si tratta di nodi che, tutti, contribuiscono, come è stato ben stigmatizzato, a rendere "opaca" l'osservazione del diritto come norma, disciplina dotata di un proprio statuto, e fenomeno sociale.28

Invero, i problemi legati alla percezione necessariamente soggettiva degli elementi che compongono la realtà da comparare, in particolare i formanti, sono ben presenti nelle questioni di metodo del diritto comparato, e di quello costituzionale in particolare.29 Tuttavia, quanto emerge dalle plurime aperture indotte dalla constatazione della complessità non è solo questo. Non esprime solo la naturale esigenza di conoscere personalmente i contesti di comparazione,30 per identificare le regole operazionali della Law in action e percepire i "crittotipi" presupposti alle verbalizzazioni dei formanti,31 né si risolve semplicemente nella ricerca delle sintesi delle categorie logiche di conoscenza degli oggetti, per ridurne la complessità a fini classificatori e di descrizione delle dinamiche di circolazione dei modelli.32

Si tratta di qualcosa di più problematico: qualcosa che investe la dislocazione effettiva dei formanti nelle asimmetrie informative ed operazionali attivate dalla società:33 i dati "metaformanti" di cui comunque la dottrina fa menzione,34 ma che complicano il quadro, fino all'estremo della contraddizione.

Formule come "erosione dello spazio",35 "spaesamento"36 —quello che Spivak definisce con il lemma tedesco unheimlich (in inglese, uncanny)—37 "monolinguismo",38 indicative del lessico della complessità, ben potrebbero riprodursi nell'analisi comparativa del costituzionalista, quando questi è chiamato a misurarsi con questi "metaformanti", per indagarne l'evoluzione storica nelle diverse modalità di utilizzo e nel loro rapporto con una molteplicità di ambiti, dalla famiglia allo Stato, dall'economia alla pedagogia: singolarità irripetibili dei soggetti-oggetti di comparazione e dei fenomeni da osservare.39

Sembrerebbe quasi che, anche per il costituzionalista, la complessità del confronto debba operare attraverso l'approccio foucaultiano della "governamentalità",40 base, non a caso, sia dei Governamentality Studies41 sia dei Cultural Studies,42 accomunati dall'obiettivo di impegnare qualsiasi ambito delle scienze sociali a costruire un processo di "humanities to come",43 che si faccia carico appunto della premessa di complessità dei soggetti cui applicarla.

È stato puntualmente osservato che la rappresentazione di una realtà giuridica attraverso le teorie avviene lungo schemi di orientamento —"figure"— sulla cui costruzione incide un duplice passaggio: "la scelta degli elementi della realtà, a cui si intende attribuire rilevanza nella figura, e la scelta dello schematismo con cui si cerca di rappresentarli".44

La complessità rimescola costantemente la tenuta di questi passaggi, come dimostrano le istruttive acquisizioni delle varie teorie dei sistemi,45 soprattutto con il concetto di "figurazione" elaborato dai numerosi studi di Norbert Elias.46

Elias ha dimostrato che i livelli differenziati di coinvolgimento e distacco dei soggetti che osservano e che sono osservati, dipendono ovviamente dal contesto in cui l'individuo opera, ma soprattutto dall'atteggiamento complessivo della società, in cui il soggetto viene socializzato; in definitiva da quello che Elias definisce lo "standard" di conoscenze, e quindi di elaborazioni concettuali, raggiunto in quel momento dalla società nel corso del suo sviluppo.47 In questo consiste la "figurazione" come catena di interdipendenze che si strutturano all'interno di gruppi specifici di individui. La "figurazione", quindi, si rivela uno strumento concettuale per il quale si privilegia l'aspetto relazionale, il rapporto reciproco e indissolubile tra individui, i quali formano intrecci di interdipendenze caratterizzate da equilibri di influenza più o meno instabili e di genere molto diverso, come ad esempio famiglie, scuole, città, strati sociali, composizioni territoriali, lingua, traduzioni, livelli di acculturazione ecc.

L'idea di "figurazione" è dunque differente dal concetto di "ideal-tipo" di derivazione weberiana.48 Infatti, quest'ultimo descrive una costruzione metodologica che consapevolmente accentua in modo unilaterale aspetti specifici del reale. Di conseguenza, tra "tipo ideale" e realtà analizzata esiste una frattura consapevole, lasciata indifferente all'analisi comparativa stessa. Al contrario, la "figurazione" implica la rappresentazione teorica di tutti i meccanismi che operano effettivamente nella concreta realtà da indagare, in quanto tutte le "figurazioni" sono irriducibili, nel senso di non poter essere spiegate supponendo che esistano indipendentemente dagli individui e che gli individui esistano indipendentemente da esse.49 È tale interdipendenza che permette ad Elias di spiegare appunto il processo di civilizzazione che conduce alla nascita dello Stato moderno in Europa, alle sue trasformazioni e alle tensioni prodotte, dentro e fuori gli Stati, tra cultura e civiltà, come appunto asimmetrie di rapporti tra individui nella loro indispensabilità sociale.

La civilizzazione dello Stato, della Costituzione e della educazione nei più ampi strati della popolazione, segna le "figurazioni" nell'Europa occidentale, come costruzioni semantiche di lunga durata, su cui gli innesti normativi sedimentano significati e consolidano usi. La diversità, di conseguenza, non risiede in ragioni "crittotipiche" ma in cause evolutive strutturali, che informano di sé "altri" Occidenti"50 o comunque altri contesti, a seconda proprio del diverso livello di tardività dei processi di interdipendenza degli individui nella loro indispensabilità sociale.

 

V. Dalle tradizioni "ideal-tipiche" alla storicità interdisciplinare

La tradizione del diritto costituzionale comparato permane fondamentalmente "ideal-tipica". Si radica cioè su due postulati: ritenere che l'operazione di osservazione dei fenomeni, e il loro riferimento a principi teorici, preceda ogni ulteriore processo cognitivo di confronto; presumere che l'acquisizione di conoscenze sia universalmente identica tra tutti gli esseri umani (fatta salva la "riserva" concettuale dei "crittotipi").

Dagli studi di Elias, si desume che il doppio presupposto rischia di tradire una doppia trascuratezza: l'indifferenza di fronte ai modelli di conoscenza, che, in quanto appresi, non possono non essere condizionati dal contesto sociale in cui l'apprendimento si verifica; la de-socializzazione dell'individuo come ego cogitans, che diventa poi homo clausus di fronte alla scrittura costituzionale, come se fosse possibile distillare dalla realtà il "grado zero" della scrittura stessa.51

Al contrario, tutti i "gradi" di scrittura saranno delimitati e condizionati dagli "standard" delle "figurazioni". Si tratti delle vie di comunicazione che alimentano la relazione osmotica tra modelli di conoscenza invalsi nella cultura e modelli conoscitivi utilizzati dalla quotidianità, piuttosto che del divario tra aspettative cognitive e aspettative normative rispetto alle innovazioni istituzionali introdotte, il confronto dovrà registrarsi sulla misurazione della tardività del processo, non per presunzione "ideal-tipica" —tarlo dell' "eurocentrismo" del comparatista—, ma per riscontro storicizzato delle divaricazioni esistenti nei processi di interdipendenza indispensabile tra individui:52 una impostazione diversa da chi, nella comparazione sociale e giuridica, patrocina la divaricazione tra "culture giuridiche interne" e "culture giuridiche esterne".53 Tra l'altro, Elias fu allievo di Karl Mannheim, i cui studi54 si incentrarono proprio sul complesso processo della spiritualità europea in procinto di scoprire un nuovo modo di concepire il pensiero e la verità, non come contrapposizione, ma come processo.

Dopo la "crisi di civiltà" dell'Europa del Novecento, come è stato opportunamente precisato, l'ideologia "eurocentrica" della comparazione non si manifesta più nell'atteggiamento aggressivo di matrice coloniale, ma in quello "lâcheur, passivo, di una cultura che si arroga il diritto di decidere quali altre culture devono essere studiate e quali altre devono essere ignorate".55 Al contrario, la centralità, che Elias pone sulle "figurazioni" degli individui nella società e sugli "standard" in essa presenti, esalta non solo l'esigenza di una conoscenza culturale rapportata alla storicità materiale delle prassi e delle istituzioni da comparare, ma soprattutto accetta una premessa antropocentrica di conoscenza storica della dignità della persona, come destinatario della comparazione stessa:56 rifugge, insomma, dalla ideologia della comparazione come (apparentemente asettico) metodo pratico e funzionale, per imprimerne il rigore di scienza (complessa) delle società (fra loro evolutivamente diverse e, quindi, complesse), per l'uomo come soggetto-oggetto materiale dei processi.

Non a caso, i pochi studi di confronto su specifiche realtà costituzionali, in cui l'impostazione di Elias ha trovato fecondo utilizzo —con riguardo a realtà "in parte" occidentali, quali la Turchia e l'America latina—,57 sono puntualmente incentrati sullo studio delle tardività delle integrazioni individuali della complessità sociale, non sulle semplici differenze formali o, al massimo, "crittotipiche". Ancorché non rappresentino gli esiti di ricerche disciplinari di comparazione costituzionale, essi ci dimostrano varie cose: che la comprensione delle istituzioni, nella complessità della società, ha bisogno di uno strumentario più articolato, antropocentrico, individualizzato, eteroreferenziato sull'oggetto di osservazione e sui soggetti che lo animano; che non è l' "eurocentrismo" a deviare la comparazione, bensì l'indifferenza verso i processi di lungo periodo che accelerano o ritardano le acquisizioni di civilizzazione degli individui e quindi delle istituzioni; che la comparazione costituzionale, più di qualsiasi altra comparazione giuridica e proprio in virtù della specifica "figurazione" delle Costituzioni,58 deve indagare il consenso sociale intorno alle norme, non soltanto il loro uso da parte dei titolari di specifiche funzioni "formanti".59

A ben vedere, si tratta non solo delle "oggettivazioni e personificazioni nei processi di sviluppo costituzionale", da cui Peter Häberle attinge la necessità stessa della comparazione come esigenza interpretativa del costituzionalista,60 ma anche della consapevolezza della responsabilità sociale dell'intellettuale comparatista, impegnato a diffondere il costituzionalismo come dottrina della "buona" Costituzione, senza arrestarsi alla fotografia dell'esistente.61

Nel contesto italiano, paragonabili a questi aneliti risultano le cautele invocate dalla teoria comparativa di Costantino Mortati,62 il quale, nell'osservare il "movimento pendolare" del corso storico dei "diversi possibili sistemi di integrazione dello Stato nella sua unità", rifuggiva dal classificare le espressioni costituzionali positive secondo inclinazioni dialettiche che, facendo venire meno storia e azione, riducessero a riproduzioni automatiche le dinamiche sociali e le loro differenziazioni.

Ed analoga portata assumono le risalenti impostazioni di Manuel García Pelayo,63 incentrate sullo studio delle trasformazioni costituzionali, quindi dei mutamenti informali, sanciti da fonti fatto condizionate proprio —si potrebbe dire— dalle "figurazioni" esistenti in un determinato ordinamento. E proprio gli studi di Norbert Elias hanno condotto a comprendere che tutti i mutamenti a livello strutturale producono e sono a loro volta il prodotto di mutamenti del comportamento individuale, in una interdipendenza funzionale non frazionabile.64

Nella complessità, l'ordine giuridico non coincide solo con un complesso regolativo razionale (sulla linea del positivismo tradizionale), ma, non per questo, sfocia in un ordine impossibile (come vorrebbe il gius-realismo) o costantemente contingente (sulla linea del positivismo critico).65 Esso segue un processo di civilizzazione delle "figurazioni" che gli individui alimentano nella società. E le "figurazioni" si producono ovunque, anche in quei "non luoghi" della comparazione giuridica in senso stretto,66 trascurabili o per disattenzione intellettuale o per presunzione normativistica,67 ma storicamente produttivi di tutte le istanze di conquista costituzionale materiale che riempiono lo strumentario concettuale del giurista contemporaneo.

Sicché, la proiezione di Elias si presenta sintomaticamente contigua all'idea novecentesca del costituzionalismo come processo di costituzionalizzazione dell'intera società, come concretizzazione di tutti i luoghi di vita tra individui:68 una "figurazione" della società aperta, che, per essere riconoscibile, richiede interdisciplinarità,69 e non invece opzioni interessate e utilitaristiche di asservimento a determinati "non luoghi" di comparazione;70 come se quei "non luoghi" non fossero anch'essi processi evolutisi sulla vita materiale degli individui.71

Solo questo sforzo attiva la capacità del diritto costituzionale, fuori dei suoi luoghi di elaborazione originale, di costruire la storia della propria identità disciplinare in riferimento a prospettive che si presentano sulla scena teorica come tentativo di rinnovamento insieme terminologico, metodologico e concettuale di tradizioni ormai consolidate, nell'accettazione della contaminazione con le nuove realtà in cui opera.

 

VI. Verso un "diritto politico" comparato?

L'obiezione principale che può essere mossa alle contaminazioni interdisciplinari, conseguenti all'utilizzo di un metodo come quello di Elias sulle "figurazioni", è facilmente immaginabile. Il diritto costituzionale comparato non può essere confuso con la sociologia, né con quella giuridica né con quella delle istituzioni: il primo è scienza di astrazione; la seconda è invece scienza di osservazione. Eliminare questo confine porterebbe alla indeterminatezza in termini di mancata identificazione della specificità dei fatti giuridici, confusi con i fenomeni umani e psichici, di mancata fissazione dell'oggetto della comparazione, di mancata delimitazione di una teoria dei tipi di Costituzione e di Stato.

Si tratta delle obiezioni ricorrenti che accompagnano la storia dell'identità scientifica e metodologica della comparazione, soprattutto quella costituzionale, inesorabilmente più prossima al sociale nella sua proiezione politica, culturale e antropologica. Del resto, concetti come "regime politico", "formula politica", "indirizzo politico", tutti ineluttabilmente emersi nella ricerca esplicativa delle complesse operazioni di analisi dei fenomeni costituzionali,72 altro non rivelano che tale proiezione, "immunizzata" da un vocabolario concettuale in grado di tener dritta la bussola di lavoro del giurista, senza snaturarlo nel suo ruolo di investigazione.73

Da tale angolo di visuale, e appropriandosi dell'apporto epistemologico di Elias sulla evoluzione delle "figurazioni", riemerge l'attualità e la rilevanza della comparazione costituzionale non come "altro" dal diritto —in termini di politica comparata o di sistemi sociali comparati—74 ma come diritto "specifico" in virtù proprio della comparazione stessa: qualcosa di analogo all'esperimento, invero anch'esso poco studiato, definito agli inizi del Novecento da Adolfo Posada, con il termine derecho político comparado. Con questa espressione, Posada intendeva descrivere un indirizzo scientifico differente da quelli presenti e dominanti nel panorama europeo delle scienze giuspubblicistiche di fine Ottocento. Esso, infatti, non coincideva né con la Dottrina Generale dello Stato (Allgemeine Staatslehre), e quindi con quella filosofia istituzionale elaborata in quegli stessi anni da Jellinek, in Germania, e da Duguit, in Francia, ma non coincideva neppure con il Diritto Costituzionale, rigorosamente costruito nel metodo da Laband, in Germania, da Orlando, in Italia, da Carré de Malberg, in Francia. La proposta di un derecho político comparado si fondava su tre premesse esplicative: l'analisi delle norme positive non è mai sufficiente a comparare esperienze istituzionali lontane nel tempo e nello spazio, sicché la comparazione costituzionale non può mai essere di "mero diritto pubblico"; l'osservazione delle realtà istituzionali impone il ricorso alle acquisizioni cognitive della sociologia, soprattutto nel confronto dei processi di civilizzazione che alimentano l'evoluzione costituzionale delle comunità; i concetti di diritto e di Stato si richiamano reciprocamente e si misurano nel tempo, perché intrinsecamente mutevoli come esperienze di apprendimento e di realizzazione delle aspettative degli individui e delle collettività.75

Proprio per questo suo realismo antropologico,76 il pensiero di Posada appare contiguo alle acquisizioni di Elias, perché mirato alla comparazione dei mutamenti e delle loro matrici culturali, prima ancora che meramente giuridiche. Il suo contributo risponde precocemente, rispetto alla dogmatica tardo-ottocentesca del diritto costituzionale comparato di impronta positivista,77 alla necessità di contestualizzare la differenziazione del diritto nella comparazione delle aspettative cognitive interne ai sistemi sociali, per emanciparsi dal dilagante formalismo, esclusivamente preoccupato di trovare le risposte al problema del rapporto fra norme e realtà, prima ancora di aver costruito le domande su tale rapporto nel tempo e nello spazio e di aver condotto l'inchiesta sulle matrici culturali della "universalità" dei paradigmi di comparazione.

È per questa ragione che le sue ricerche partono dall'indagine sulla natura e gli scopi dello Stato e sullo studio diacronico dei rapporti tra Stato e individuo. Sorprende, nel lavoro di Posada, l'assenza prolungata di qualsiasi riflessione sul concetto di Costituzione come categoria ontologicamente precedente alla comparazione storica avviata. Altrettanto sorprendente è l'omissione di una teoria delle fonti del diritto costituzionale e dello Stato, funzionale alla definizione dei rapporti tra fatti e norme e dunque alla qualificazione della precettività ed effettività dei comportamenti sociali. In effetti, Posada nega la coattività come elemento caratteristico del diritto e dello Stato stesso e concepisce la giuridicità come sfera immanente all'individuo, rispetto alla quale la ricerca sullo Stato risponde ad una esigenza di disvelamento storico delle sue funzioni e dei suoi fini in continua trasformazione e mutamento. Lo Stato, dichiara esplicitamente Posada, è "mutamento". Il derecho político comparado identifica l'osservazione comparata dei "mutamenti".

Si trattava, pertanto, di un approccio di tipo funzionalista, oggi si sarebbe detto "sistemico"; in questo, ben diverso da quello struttural-funzionale perseguito, com'è noto, dalla dottrina costituzionalistica tedesca a partire dalla fine dell'Ottocento, con le prime riflessioni sulle trasformazioni paraparlamentari del Reich guglielmino rispetto alle esperienze inglesi e francesi. L'impianto dogmatico e teorico delle riflessioni tedesche traeva la sua matrice culturale dalla utilizzazione delle nozioni generali perfezionate dai privatisti Pandettisti, e i suoi limiti erano ravvisabili proprio nell'assenza di un ripensamento globale degli schemi privatistici alla luce della specifica tematica del diritto costituzionale e della netta distinzione, anche storica, fra diritto privato e diritto pubblico.78 Basti pensare al dissidio intorno al significato della consuetudine come fonte costituzionale. Il condizionamento pandettistico indusse a privilegiare gli approcci strutturali, limitati alla verifica della permanenza formale di un ordinamento costituzionale rispetto alle modificazioni effettuali prodotte da prassi o consuetudini, ammissibili solo attraverso la "concessione" del riconoscimento, base della Gestattungstheorie.79 Nel medesimo solco si inseriva la teoria formale delle fonti, incardinata nel postulato che l'elemento imperativo espresso dalla volontà di ciascun atto normativo ne giustificasse la forza di resistenza attiva e passiva. In questo modo, il rapporto tra fatto e norma formale veniva irreversibilmente risolvendosi a favore esclusivo della prevalenza della norma formale sul fatto materiale.80 Tuttavia, non correrà molto tempo per accorgersi, con i dibattiti di Weimar, che la rigidità degli schemi formali tedeschi non sarebbe riuscita a trattare teoricamente, e tradurre praticamente, il rapporto tra Costituzione, come norma giuridica, e società, come sistema di scelte e opportunità soggettivizzabili: premessa, questa, di qualsiasi declinazione "politica" del diritto e della comparazione costituzionali.81

Per quanto consapevoli della netta demarcazione, già allora ben presente, fra diritto costituzionale comparato e sociologia giuridica82 —il primo, si è detto, scienza di astrazione, la seconda, scienza di osservazione—, non sembra sterile l'innesto del pensiero di Elias nello strumentario della comparazione costituzionale come studio del "mutamento", in quanto riflesso, storico e dunque temporale, dell'ordine politico stesso, all'interno di legami sociali riconosciuti nella reciprocità e nella mutabilità funzionale delle aspettative degli individui, nelle loro condizionalità sia interne (coincidenti con tutte le dimensioni culturali e antropologiche storicamente emergenti) che esterne (manifestate come diritto): in una parola, nelle loro "figurazioni".

 

VII. Per concludere

Tutto questo può deludere chi è alla ricerca dei "paradigmi" su cui comparare. Ma qualsiasi eternizzazione di ciò che è temporalmente valido riflette un difetto specifico di osservazione e, di conseguenza, di astrazione.83 Gli studi di Elias servono a questo: a comprendere che le idee sono funzioni della società, non ragioni astraenti, e a non dimenticare che tra i fatti sussistono rapporti esplicativi, ma non un precostituito senso giustificativo.

Il significato scientifico della comparazione costituzionale, come confronto tra istituzioni che si evolvono con gli individui, consiste in quella sintesi appassionata in cui le aporie del tempo, estratte da un'indagine storica dei contesti, ci appaiono nei loro reciproci rapporti e insieme nella difficoltà della loro soluzione.

La sua qualificazione come "diritto politico" comparato sottolinea l'indagine sul diritto come interpretazione e teoria, conoscenza "pratica" della realtà e comprensione "storica" della stessa,84 entrambe orientate alla prognosi delle conseguenze concrete dei confronti promossi e delle classificazioni proposte in un mondo globale che, uniformando, mistifica e occulta problemi e differenze, annientando il soggetto nelle sue "figurazioni" esistenzialmente complesse.

Si potrebbe concludere con le parole di Rudolf von Jhering: "Solo chi sa applicare una norma giuridica a un caso specifico o chi sa riconoscere in concreto le distinzioni apprese in astratto, ne ha veramente acquisito la conoscenza; tutto il resto è illusorio ed inutile. Nel diritto le astrazioni hanno ragione di esistere solo in quanto si realizzino concretamente".85

 

Notas

1 Sintesi efficaci sulle riflessioni esposte, sono in Morlok, M., Was heiât und zu welchem Ende studiert man Verfassungstheorie, Berlín, Duncker & Humblot, 1988,         [ Links ] y Lucas Verdú, P., Curso de derecho politico, Madrid, Tecnos, 1986, vol. II.         [ Links ]

2 Il concetto di "megalomania giuridica" si deve a Kantorowicz, H., La lotta per la scienza del diritto (1906), Bolonia, Forni, 1988.         [ Links ]

3 Betti, Emilio, Teoria generale dell'interpretazione, Milán, Giuffrè, 1955.         [ Links ]

4 Il "manifesto delle tesi di Trento" è stato pubblicato nella rivista Giurisprudenza Italiana, 1989, IV, c., pp. 126 y ss.         [ Links ]

5 Sul suo pensiero, nelle sue coordinate principali, in Italia si v. Strazzeri, M. (cur.), La sintesi possibile, Lecce, Pensa Multimedia, 2000.         [ Links ]

6 Nel sempre ricco contributo di Morlok, M., op. cit., nota 1, passim.

7 I testi più utili, nella sintesi, di N. Luhmann sono: Potere e codice politico, Milán, Feltrinelli, 1982,         [ Links ] e soprattutto "Die Unterscheidung von Staat und Gesellschaft", Soziologische Aufklärung, 4, Opladen, 1987, pp. 69 y ss.         [ Links ]; "Politische Verfassungen im Kontext des Gesellschaftlichen Systems", Der Staat, 12, 1973, pp. 231 y ss.         [ Links ]; "Verfassung als Evolutionäre Errungenschaft", Rechtshistorisches J., 9, 1990, 177 y ss.         [ Links ] (quest'ultimo in trad. it., in Zagrebelsky, G. et al., Il futuro della Costituzione, Turín, Einaudi, 1996.         [ Links ] Riferimenti agli approcci di Luhmann si riscontrano soprattutto in Nania, R., Il valore della Costituzione, Milán, Giuffrè, 1986, pp. 62 y ss.         [ Links ] Una utilissima sintesi di comprensione del pensiero dell'Autore è Baraldi, C. et al. (cur.), Luhmann in glossario. I concetti fondamentali della teoria dei sistemi di Niklas Luhmann, Milán, Franco Angeli, 1995.         [ Links ]

8 Il riferimento generale è offerto da Fatti e norme. Contributo a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia (1992), Milán, Guerini e Associati, 1996.         [ Links ]

9 Invero, più Habermas di Luhmann. Sul confronto, è molto utile Carassale, S., Política y derecho, Unger, Luhmann y Habermas, México, Coyacán, 2005.         [ Links ]

10 Elias, N., Coinvolgimento e distacco. Saggi di sociologia della conoscenza (1983), Bolonia, il Mulino, 1988.         [ Links ]

11 Preoccupazione non necessariamente presente nel giurista di diritto interno, per la cui ricerca è prioritario il richiamo alla dogmatica del contesto socio-culturale in cui opera, premessa e conseguenza stessa della utilità del suo operato scientifico.

12 Einstein, A., Il significato della relatività (1922), Turín, Bollati Boringhieri, 1976.         [ Links ]

13 Ovviamente l'inquadramento abbraccia il percorso di filosofia degli ultimi decenni. Per un quadro completo, rinvio a D'Agostini, F., Analitici e continentali, Milán, Raffaello Cortina, 1997.         [ Links ]

14 Per tutti, si pensi a T. Parsons, di cui è utile per il costituzionalista il lavoro "Il concetto di potere politico", Il Politico, 1963, pp. 231 y ss.         [ Links ]

15 Ci si riferisce a Austin, J. L., Come far cose con parole (1962), Turín, Einaudi, 1974.         [ Links ]

16 In proposito di veda lo studio di Esquirol, J. L., "The Fictions of Latin American Law (Part I)", Utah L. Rev., 1997, pp. 425 y ss.         [ Links ]

17 Il richiamo d'obbligo è ad Foerster, H. von, Sistemi che osservano (1984), Roma, Astrolabio, 1988.         [ Links ]

18 In tal senso è da considerare l'importante apporto teorico di Frankenberg, G., Autorität und Integration, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 2003.         [ Links ]

19 Per una sintesi efficace delle intersezioni tra assolutismo, realismo politico e costituzionalismo, si v. Portinaro, P. P., Il realismo politico, Roma-Bari, Laterza, 1999.         [ Links ]

20 Si veda il contributo di Kirk, R., Stati Uniti e Francia. Due rivoluzioni a confronto, Bergamo, Centro Grafico Stampa, 1995.         [ Links ]

21 Su tale idea di tradizione si v. Hayek, F. A. von, L'abuso della ragione (1952), Roma, Seam, 1997, pp. 153 y ss.         [ Links ] Sulla "complessità" del richiamo alla tradizione, fondamentale il riferimento a Hobsbawm, E. J. y Ranger, T. (cur.), L'invenzione della tradizione (1983), Turín, Einaudi, 2002.         [ Links ] Sul nesso che l'invocazione della tradizione può produrre come Wirkungsgeschichte si v. Blankenagel, A., Tradition und Verfassung, Baden-Baden, Nomos Verlag, 1987.         [ Links ]

22 In proposito, il testo di riferimento è dato da Said, E., Orientalismo (1978), Milán, Feltrinelli, 2001.         [ Links ] Una traccia sintomatica degli stereotipi accennati, risiede nel concetto di "Costituzioni esotiche", a suo tempo utilizzato in Italia da Brunialti, Attilio, Costituzioni esotiche, Turín, Utet, 1912, Biblioteca di Scienze Politiche e Amministrative, seconda serie.         [ Links ]

23 Si considerino almeno i seguenti riscontri: Zaccaria, R., "Border Studies", en Cometa, M. (cur.), Dizionario di studi culturali, Roma, Meltemi, 2004, pp. 86-96;         [ Links ] Anzaldúa, G., Terre di confine. La frontiera (1987), Bari, Palomar, 2000;         [ Links ] Hannerz, U., "Flussi, confini e ibridi" (1997), Aut Aut, núm. 312, 2002, pp. 46-71.         [ Links ]

24 Si devono almeno richiamare, oltre al "classico" Pannikar, R., "La notion dês droits de l'homme est-elle un concept occidental?", Diógenes, núm. 120, 1982, pp. 87-112,         [ Links ] i seguenti autori: Donnelly, J., Universal Human Rights in Theory and Practice, Ithaca-Londres, Cornell University Press, 2003;         [ Links ] Tomuschat, Ch., Human Rights: between Idealism and Realism, Oxford, Oxford University Press, 2003;         [ Links ] Yacoub, J., Les droits de l'homme sont-ils exportables? Geopolitique d'un Universalisme. París, Ellipses, 2004;         [ Links ] Renteln, A. D., "The Unanswered Challenge of Relativism and the Consequences for Human Rights", Human Rights Quarterly, vol. 7, núm. 4, 1985, pp. 385 y ss.         [ Links ]

25 In merito, si debbono ricordare Mellino, M., La critica postcoloniale, Roma, Meltemi, 2005,         [ Links ] e il classico Spivak, G. C., Critica della ragione postcoloniale (1999), Roma, Meltemi, 2004.         [ Links ]

26 Sia per finitezza ontologica (Röpke, W., Civitas humana (1946), Milán, Rizzoli, 1947),         [ Links ] sia per finitezza sociale e storica, nel senso approfondito da Elias, N., Humana conditio (1985), Bolonia, il Mulino, 1987.         [ Links ]

27 In tale quadro, si inseriscono la teoria costituzionale di M. Rosenfeld (di cui si v. "Modern Constitutionalism as Interplay Between Identity and Diversity: An Introduction", Cardozo L. Rev., vol. 14, pp. 497-498,         [ Links ] e L'identità del soggetto costituzionale (1998), Lecce-Cavallino, Pensa, 2004),         [ Links ] nonché la sociologia dell'Anerkennung di Honneth, A., Lotta per il riconoscimento. Proposte per un'etica del conflitto (2002), Milán, Il Saggiatore, 2003.         [ Links ] In generale, su come la centralità del soggetto abbia influito nelle teorizzazioni del diritto, si cfr. Minda, G., Teorie postmoderne del diritto (1995), Bolonia, il Mulino, 2001.         [ Links ]

28 Ci si riferisce all'importante studio si C. M. Cárcova, di cui si richiama l'edizione brasiliana A Opacidade do Direito, São Paulo, LTr, 1998.         [ Links ]

29 Si v. Scarciglia, R., Introduzione al diritto pubblico comparato, Bolonia, il Mulino, 2006, pp. 48-54,         [ Links ] il quale esemplifica il problema con il richiamo alle illusioni ottiche prodotte dalle figure geometriche.

30 Su cui Bognetti, G., Introduzione al diritto costituzionale comparato. Il metodo, Turín, Giappichelli, 1994, p. 83.         [ Links ]

31 Cfr. Ancel, M., Utilità e metodi del diritto comparato (1971), Nápoles, Jovene, 1974,         [ Links ] e Sacco, R., "Crittotipo", Digesto italiano delle discipline privatistiche Sez. civile, vol. V, Turín, Utet, 1989, pp. 3-22.         [ Links ]

32 Su tali aspetti, in particolare, Pegoraro, L. y Rinella, A., Introduzione al diritto pubblico comparato. Metodologie di ricerca, Padua, Cedam, 2002, pp. 62 y ss.         [ Links ]

33 La rilevanza del profilo è stata colta in Italia da Lombardi, G., Premesse al Corso di diritto pubblico comparato, Milán, Giuffrè, 1986, spec. pp. 64 y ss.         [ Links ]

34 Ancora Scarciglia, R., op. cit. , nota 29, p. 66.

35 Il concetto è presente nel citato filone dei cosiddetti Border Studies. Un intelligente contributo problematico sulla comparazione costituzionale nello spazio, con riguardo alle nuove dimensioni del fenomeno macroterritoriale della costituzionalizzazione materiale dei poteri e dei diritti, è il libro di Logroscino, P., Spazi macroterritoriali e coesione. Premesse di comparazione costituzionale, Pensa, Lecce-Cavallino, 2007.         [ Links ]

36 Per significare la difficoltà di attrazione epistemologica di concetti e categorie storicamente imposti su altre culture mortificate, se non annichilite, nella loro identità sociale e istituzionale. In tale prospettiva, per esempio, sono state proposte le formule esplicative della "archeologia costituzionale" (Clavero, B., "Guaca indígena y arqueología constitucional", en Pérez Royo, J. et al. (eds.), Derecho constitucional para el siglo XXI, Cizur Menor, Navarra, Aranzadi, t. II, pp. 4727 y ss.         [ Links ]), e del costituzionalismo "mestizo" (Sáchica, L. C., Constitucionalismo mestizo, México, UNAM, 2002).         [ Links ]

37 Spivak, G. C., Critica della ragione..., cit., nota 25.

38 Derrida, J., Il monolinguismo dell'altro (1996), Milán, Raffaello Cortina, 2004.         [ Links ]

39 In questo filone, si inseriscono, da un lato, le epistemologie sulle "invenzione" delle diversità socio-istituzionali, come ragione della imposizione strategica di modelli importati (si v. O'Gorman, E., La invención de América, México, FCE, 1977,         [ Links ] per l'America; e, per l'Africa, Mudimbe, V. Y., L'invenzione dell'Africa (1988), Roma, Meltemi, 2007),         [ Links ] nonché le varie correnti di pluralismo giuridico o alternativo, diffuse soprattutto in Sud America. Su quest'ultimo profilo, per una ricognizione, di consideri Correas, O., Pluralismo jurídico, alternatividad y derecho indígena, México, Fontamara, 2003.         [ Links ]

40 Si v., per tutti, la conferenza tradotta in italiano, di Foucault, M., "La 'governamentalità'" (1978), Aut Aut, núm. 167-168, 1978, pp. 12-29.         [ Links ]

41 Il testo di riferimento è considerato Rose, N., Governing the Soul. The Shaping of the Private Self (1989), Londres-Nueva York, Free Ass. Books, 1999.         [ Links ]

42 Si v. Lutter, C. y Reisenleitner, M., Cultural Studies. Un'introduzione (2002), Milán, Bruno Mondatori, 2004,         [ Links ] e Said, E., Cultura e imperialismo. Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell'Occidente (1993), Roma, Gamberetti, 1998.         [ Links ]

43 Spivak, G. C., "Raddrizzare i torti" (2003), en Owen, N. (cur.), Troppo umano. La giustizia nell'era della globalizzazione (2003), Milán, Mondadori, 2005, pp. 193-285.         [ Links ]

44 Robilant, E. di, "Realtà e figure nella scienza giuridica", en Scarpelli, U. (cur.), La teoria generale del diritto. Problemi e tendenze attuali. Studi dedicati a Norberto Bobbio, Milán, Ed. di Comunità, 1983, pp. 57-72.         [ Links ]

45 Per una sintesi, cfr. Cerroni, U., "Teoria dei sistemi e comparazione", Scienza Società, núm. 19-20, 1986, pp. 46 y ss.         [ Links ]

46 Dell'Autore si dovrebbero considerare almeno tre lavori di straordinaria utilità per la comparazione costituzionale: Il processo di civilizzazione (1939), Bolonia, il Mulino, 1988;         [ Links ] Coinvolgimento e distacco..., cit., nota 10; La società degli individui (1987), Bolonia, il Mulino, 1990.         [ Links ]

47 Coinvolgimento e distacco..., cit., nota 10.

48 Sul confronto, si v. Rossetti, C., "La sociologia della storia di Norbert Elias", Rass. It. Sociol., núm. 1, 1985, pp. 106 y ss.         [ Links ]

49 Sulle implicazioni giuridiche del modello di Elias, nel confronto con altri modelli epistemologici, si v. i contributi di Strazzeri, M. (cur.), La sintesi..., cit., nota 5, e lo stesso studio di Strazzeri, Il teatro della legge. L'enunciabile e il visibile, Bari, Palomar, 2007.         [ Links ]

50 Si veda il recente studio di Carmagnani, M., L'altro Occidente, Turín, Einaudi, 2003.         [ Links ]

51 L'espressione è mutuata da Barthes, Roland, Il grado zero della scrittura (1953), Milán, Lerici Editori, 1960, pp. 91 y ss.         [ Links ], il quale se ne servì per denunciare l'indole intellettuale del "talqualismo", propensa al confronto delle realtà complesse, senza andare al di là di valutazioni meramente "indicative".

52 Si tratta di quello che l'altro grande esponente della teoria dei sistemi, Niklas Luhmann, inquadra con il concetto di "causalità". Si v. in merito, "Causalità nel Sud" (1995), en Corsi, G. y Giorgi, R. de (cur.), Ridescrivere la questione meridionale, Lecce, PensaMultimedia, pp. 95 y ss.         [ Links ]

53 Friedman, L., The Legal Systems: a Social Science Perspective, Nueva York, Russel Sage Foundation, 1975.         [ Links ]

54 In particolare, il classico Ideologia e utopia (1953), Bolonia, il Mulino, 1957.         [ Links ]

55 Così, Losano, M. G., Un giurista tropicale. Tobias Barreto fra Brasile reale e Germania ideale, Roma-Bari, Laterza, 2000, p. 10.         [ Links ]

56 Rimarca questa impronta della sociologia della storia di Elias, U. Cerroni, di cui si v. Regole e valori nella democrazia, Roma, Editori Riuniti, 1989, pp. 71 y ss.         [ Links ], come considerazione dei processi di evoluzione della dignità umana nelle plurime dimensioni etiche, giuridiche, sociali e culturali. Cerroni è stato indubbiamente uno degli studiosi italiani più attenti al pensiero di Elias e ai suoi risvolti di comparazione delle istituzioni in quanto fatti umani, retti da leggi di sistema storicamente variate, cui il metodo deve modellarsi senza presunzioni di predefinita purezza. Lo sforzo di diffondere le acquisizioni di Elias in tutti i gangli delle scienze sociali, fu compiuto da Cerroni con la rivista da lui fondata e diretta, con il contributo del CNR, ScienzaSocietà, circolata in Italia tra gli anni ottanta e novanta.

57 Mi riferisco agli studi di Akçam, T., Nazionalismo turco e genocidio armeno (2004), Milán, Guerini & Associati, 2006,         [ Links ] e Zamorano Farías, R., Civilizzazione delle aspettative e democrazia nelle periferie della società moderna, Lecce, PensaMultimedia, 2003.         [ Links ]

58 "Figurazione" che nessun costituzionalista, oggi, è disposto a negare che risieda nelle "riserve di giustizia", impresse dalle Costituzioni del secondo Novecento. Un suggestivo quadro della rilevanza di questo discorso per lo studio e la comprensione della scienza costituzionalistica fuori dell'Occidente europeo, è dato da Vilhena Vieira, O., A Constituição e sua Reserva de Justiça, São Paulo, Malheiros, 1999.         [ Links ]

59 Su tale approccio, per esempio, è di grande interesse il contributo di Streck, L. L., Verdade e Consenso, Río de Janeiro, Lumen Juris, 2006,         [ Links ] sull'onere di elaborare comparazioni "adeguate" al contesto, non invece al giurista osservatore.

60 Cfr., per tutti, Häberle, P., Per una dottrina della Costituzione come scienza della cultura (1982), Roma, Carocci, 2001, pp. 56 y ss.         [ Links ]

61 Concezione del costituzionalismo che si esprime nella formula del Constitutional Thought, coniata da Vile, M. J. C., Constitutionalism and Separation of Powers, Oxford, Clarendon Press, 1967,         [ Links ] e che ancora ispira la corrente critica della comparazione costituzionale statunitense, come per esempio Jackson, V. C. y Tushnet, M., Comparative Constitutional Law, Nueva York, Foundation Press, 1999.         [ Links ] Ma sul ruolo del comparatista come intellettuale militante, hanno scritto belle pagine Frankenberg, G., op. cit., nota 18, e Muir-Watt, H., La funzione sovversiva del diritto comparato (2000), Lecce-Cavallino, Pensa, 2006.         [ Links ] Sulla vocazione "polemica" (e, aggiungiamo, "militante") del costituzionalismo, l'attuale migliore sintesi è offerta in Italia da Luciani, M., "Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico", Giur. Cost., 2006, pp. 1643 y ss.         [ Links ]

62 Le forme di governo, Padua, Cedam, 1973, pp. 8 y ss., 70 y ss., 445 y ss.         [ Links ] Sull'uso "meccanicistico" del diritto costituzionale, è molto istruttivo Troper, M., Il futuro del diritto costituzionale (2000), Lecce-Cavallino, Pensa, 2004.         [ Links ]

63 Derecho constitucional comparado, Madrid, Alianza Editorial, 1959, in particolare pp. 137 y ss.         [ Links ]

64 Crespi, F., "Potere e controllo in Norbert Elias", Rass. It. Sociol., núm. 1, 1991, p. 83.         [ Links ]

65 Traggo spunto dalla tripartizione formulata da Luzzatti, C., L'interprete e il legislatore. Saggio sulla certezza del diritto, Milán, Giuffrè, 1999, pp. 316 y ss.         [ Links ]

66 Del resto, l'impostazione di Norbert Elias si colloca in parallelo con la proposta epistemologica di Augé, M., Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità (1992), Milán, Editrice A Soc. Coop. Sez. Elèuthera, 1993,         [ Links ] tesa a superare l'osservazione sociale disciplinarmente focalizzata su "luoghi" già strutturati di senso, per coloro che li vivono, e già intelligibili, per coloro che li osservano, per promuovere il confronto non tra (medesimi) luoghi, bensì accanto e oltre (medesimi) luoghi, appunto i "non luoghi" dove l'essere e il dover essere di modelli e giudizi riscontrano il loro effettivo consenso.

67 Quella presunzione che, fuori dell'Europa, ha alimentato l'indole alla imitazione o al mimetismo ripetitivo di idee "fuori luogo", come sono state efficacemente definite da Schwarz, R., "As Ideias Fora do Lugar", en varios autores, Ao Vencedor as Batatas: Forma Literária e Processo Social nos Inícios do Romance Brasileiro, São Paulo, Duas Cidades, 1992, pp. 13-28,         [ Links ] per cogliere gli effetti dell'attrazione europea nei contesti coloniali.

68 Tra l'altro, la definizione della società come concretizzazione costituzionale appartiene anche ad una specifica teoria costituzionale, particolarmente influente in Europa e Sud America: quella di Friedrich Müller, di cui si ricorda la istruttiva sintesi Métodos de Trabalho do Direito Constitucional (1972), São Paulo, Max Limonad, 2000.         [ Links ]

69 Sulla epistemologia della interdisciplinarità come riconoscimento della società aperta, si v. la sintesi di Antiseri, D., Teoria unificata del metodo, Turín, Utet, 2001.         [ Links ]

70 Come invece ammette, con riferimento al mercato e agli interessi finanziari, B. Markesinis, in esplicita polemica con U. Mattei, nel suo Il metodo della comparazione (2003), Milán, Giuffrè, 2004.         [ Links ]

71 Come ha dimostrato un altro grande studioso del lungo periodo, Fernand Braudel, soprattutto in Civiltà materiale, economia e capitalismo (1979), Turín, Einaudi, 1982: testo che smentisce qualsiasi mitologia della comparazione come funzione neutra,         [ Links ] rispetto alle dinamiche economiche che in Europa condussero all'affermazione del capitalismo. Su queste consapevolezze, vale, ancora una volta, il richiamo di M. García Pelayo per la comprensione delle dinamiche, non solo giuridiche, dello Stato: Las transformaciones del Estado contemporáneo, Madrid, Alianza, 1977.         [ Links ] Utilizza i risultati storiografici di Braudel, S. Amin, in particolare in "La mondialisation économique et l'universalisme démocratique: une contradiction majeure de notre époque", Alternatives Sud, núm. 6, 1999, pp. 20-171,         [ Links ] per sollevare interrogativi importanti su un'altra mitologia del presente, quella della mondializzazione democratica. Sul tema si v. anche Tigar, M. y Levy, M., El derecho y el ascenso al capitalismo, México, Siglo XXI, 1978.         [ Links ]

72 Ricordo, in Italia, le implicazioni che colse, dai concetti richiamati, Barile, P., La Costituzione come norma giuridica, Firenze, Barbera, 1951, pp. 29 y ss.         [ Links ], per affermare la forza normativa delle Costituzioni.

73 In tal senso, per esempio, è l'insegnamento di G. Lombardi, allorché propone la distinzione tra Costituzioni "strutturali" e "sovrastrutturali", rispetto appunto alla dimensione socio-politica del contesto di riferimento. Cfr. "Modelli di governo parlamentare razionalizzato. Riflessioni introduttive", en Gambino, S. (cur.), Democrazie e forme di governo. Modelli stranieri e riforma costituzionale, Rimini, Maggioli, 1997, p. 330,         [ Links ] e "Prefazione", Aquarone, A., L'organizzazione dello Stato totalitario (1965), Turín, Einaudi, 1995.         [ Links ]

74 Per cogliere tutte le implicazioni di questa alterità, si v. soprattutto Peters, B. Guy, Politica comparata (1998), Bolonia, il Mulino, 2001,         [ Links ] nonché Morlino, L., Introduzione alla ricerca comparata, Bolonia, il Mulino, 2005.         [ Links ]

75 Il lavoro di Posada apparve tradotto in italiano nel 1921 per la Terza serie della Biblioteca di Scienze Politiche e Amministrative diretta da Attilio Brunialti (Turín, Utet), con il titolo Il Diritto Pubblico Spagnuolo Comparato. Un riadattamento parziale della traduzione è poi apparso con il titolo Posada, A., Genesi della Costituzione e consuetudine, Lecce-Cavallino, Pensa, 2004.         [ Links ]

76 Per l'inquadramento del pensiero del costituzionalista spagnolo, si v. Laporta, F. J., Adolfo Posada. Política y sociología en la crisis del liberalismo español, Madrid, Alianza, 1974;         [ Links ] Fernández de la Peña, L. F., "Adolfo Posada y el liberalismo español", Revista Arbor, 1976, p. 361;         [ Links ] Sánchez Marín, A. L., La concepción de la sociedad y del Estado en Adolfo Posada, in www.filosofiayderecho.com.         [ Links ]

77 Su cui cfr. Rossi, L., Die neuere Literatur des Verfassungsrechts bei den romanischen Völkern, Freiburg i. B. und Leipzig, Mohr, 1895,         [ Links ] ma anche, per la rassegna degli indirizzi tra Otto e Novecento sull'osservazione delle differenziazioni costituzionali, Caristia, C., L'analisi odierna del Costituzionalismo, Turín, Bocca, 1908.         [ Links ]

78 Per una rappresentazione di tutte le implicazioni storiche e filosofiche, connesse al concetto di "diritto politico", si v. Elías de Tejada, F., Derecho político (1950), Madrid, Marcial Pons, 2008.         [ Links ]

79 Cfr. Schmidt, B., Das Gewohnheitsrecht als Form des Gemeinwillens, Leipzig, Duncker & Humblot, 1899.         [ Links ]

80 Cfr. in merito Saladin, P., "Verfassungsreform und Verfassungsverständnis", AöR, 1979, pp. 384 y ss.         [ Links ]

81 Con tale scopo, il concetto di diritto "politico" venne utilizzato in Germania, negli anni di Weimar, da Bilfinger, C., "Betrachtungen über politisches Recht", en varios autores, Zeitschrift für ausländisches öffentliches Recht und Völkerrecht, Bd. I, 1930, pp. 63 y ss.         [ Links ]

82 Lo rimarca chiaramente, tra l'altro citando il Kelsen del saggio Über Grenzen zwischen juristicher und soziologischer Methode (Tübingen, Mohr, 1911), Guido Pardo, il traduttore e curatore dell'edizione italiana del 1921 di Posada.         [ Links ].

83 Unico discrimine per non tramutare le acquisizioni storiografiche sulla evoluzione dei singoli contesti di conoscenza in una "filosofia della storia" (ovviamente da comparare). Sulla presenza di questa impronta nel percorso europeo di costruzione delle astrazioni e dei paradigmi, resta indispensabile il contributo di critica teorica inaugurato nel 1930 da Max Horkheimer, con Gli inizi della filosofia borghese della storia (1970), Turín, Einaudi, 1978.         [ Links ]

84 Così Isensee, J., "Verfassungsrecht als 'politisches Recht'", en Isensee, J. y Kirchhof, P. (hrsg.), Handbuch des Staatsrecht, Band VII: Freiheitsrechte, Heidelberg, 1992, § 162.         [ Links ]

85 Jhering, R. von, Serio e faceto nella giurisprudenza (1884), Firenze, Sansoni, 1954, p. 84.         [ Links ]

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