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Boletín mexicano de derecho comparado

versão On-line ISSN 2448-4873versão impressa ISSN 0041-8633

Bol. Mex. Der. Comp. vol.42 no.124 Ciudad de México Jan./Abr. 2009

 

Artículos

 

La cittadinanza nella società del diritto privato*

 

Citizenship in the private law society

 

Alessandro Somma**

 

** Profesor ordinario di Diritto privato comparato, Università di Ferrara, Dipartimento di Scienze Giuridiche.

 

* Artículo recibido el 1o. de agosto de 2008
Aceptado para su publicación el 14 de octubre de 2008.

 

Resumen

El sistema de los derechos fundamentales, en la forma en la cual fue diseñado por las Constituciones europeas con posterioridad al colapso de las dictaduras fascistas, ubica en el centro al principio de solidaridad: para alcanzar la igualdad sustancial entre los ciudadanos, el Estado debe asistir directamente a los necesitados y combatir, además, la debilidad social inherente a las relaciones de mercado. Este sistema ha sido puesto en entredicho por el derecho comunitario europeo que recupera los principios del liberalismo económico y concibe una adecuación del mercado sólo si es necesaria para evitar sus fallas. Para regresar a una cultura y a una práctica de la solidaridad, es necesario revitalizar el debate democrático y afirmar la supremacía de la política sobre la economía.

Palabras clave: ciudadanía, derecho privado, Unión Europea, economía social de mercado.

 

Abstract

The system of fundamental rights, as it has been shaped by the European constitutions after the fall of fascist dictatorships, is based on the principle of solidarity: in order to achieve substantive equality between citizens, the state has to help weak persons and fight against the social weakness inherent in economic relationships. This system is in crisis because of EC law, which has resurrected the principles of economic liberalism, and enacted State intervention in the market only as far as this is necessary to avoid market failures. If we want to go back to the culture and praxis of solidarity, we should enhance the democratic debate and affirm the supremacy of politics over the economy.

Keywords: Citizenship, Private law, European Union, Social Market Economy.

 

Sommario

I. La parabola della cittadinanza e la sua crisi. II. Cittadinanza e solidarietà nel patrimonio costituzionale europeo. III. Cittadinanza e solidarietà nella società del diritto privato. IV. L'Unione Europea come società del diritto privato. V. Il paradigma del cittadino consumatore. VI. Non discriminazione e diritti di terza generazione. VII. La cittadinanza fra conflitto e cooperazione.

 

I. La parabola della cittadinanza e la sua crisi

Pietro Costa —tra i massimi studiosi della "cittadinanza"— ha osservato che essa rappresenta "una finestra aperta sul complesso gioco del costituirsi e del trasformarsi dell'ordine sociale" e che "fare storia della cittadinanza significa guardare al costituirsi dell'ordine sociale dal basso verso l'alto, facendo leva non sul sovrano, sugli apparati, sui sistemi normativi, sulle strutture sociali, ma sul soggetto e sulle strategie di riconoscimento della sua identità".1

Da un simile punto di vista —in un classico confezionato sul finire degli anni quaranta e recentemente riproposto all'attenzione dei lettori italiani— Thomas Marshall analizza "il costituirsi dell'ordine sociale" dal punto di vista dell'emancipazione dell'individuo ed osserva che esso assume le sembianze di una parabola ascendente. L'illustre studioso individua tre periodi formativi della cittadinanza, caratterizzati dall'imporsi di tre diverse classi di diritti: i secoli dal diciottesimo al ventesimo, in cui si affermano e consolidano —in un crescendo di sapore evoluzionistico— prima i diritti civili, poi i diritti politici e infine i diritti sociali.2

Costa ci propone riflessioni capaci di condurre a ricostruzioni improntate a sentimenti decisamente meno ottimistici. Da esse si ricava infatti che la storia della cittadinanza non può essere resa ricorrendo all'immagine della parabola ascendente o —più precisamente— può esserlo solo fino ad un certo punto.

L'immagine trova riscontro considerando le pagine dedicate alla prima fase: la transizione dall'esperienza medievale al pensiero giusrazionalista. Essa segna infatti il passaggio dall'epoca in cui prevale il profilo dell'appartenenza dell'individuo alla comunità, al periodo in cui —sviluppando il tema dello stato di natura— si elabora l'idea di un soggetto come tale portatore di diritti.3

La metafora della parabola ascendente non viene scalfita neppure dalle riflessioni dedicate alla fase avviata con la rivoluzione francese. Fase in cui si costruiscono i primi discorsi sulla cittadinanza ricorrendo schemi a noi familiari, in quanto relativi —in ultima analisi— al tema dell'equilibrio fra autonomia individuale e appartenenza alla comunità nazionale: da un lato discorsi sullo stato e la nazione e dall'altro discorsi attorno alla libertà e ai diritti, chiamati a rimpiazzare le narrazioni di antico regime sull'ordine e sul corpo politico sociale.4

Il percorso descritto da Marshall trova poi riscontro nella pagine che Costa dedica alla seconda metà dell'ottocento. All'epoca, il discorso sulla cittadinanza si emancipa dalla prospettiva individualistica di stampo illuminista e riscopre con ciò il profilo della "appartenenza dell'individuo alla collettività".5 Con l'imporsi della questione sociale —e con essa della "dialettica tra diritti eguali e possesso diseguale"—6 emerge in effetti una nuova dimensione del soggetto: quella della sua socialità e "della sua costitutiva connessione con l'una o l'altra grandezza collettiva".7 Una connessione che mette in crisi il primato dei diritti proprietari8 e che pone l'individuo nella condizione di "membro di una collettività investita di una responsabilità globale nei confronti di tutti i suoi componenti".9

Fin qui —come si diceva— la metafora della parabola ascendente della cittadinanza trova validi riscontri. La sua crisi è tuttavia dietro l'angolo, in quanto nel ventennio tra i due conflitti mondiali i fascismi scardinano l'equilibrio tra appartenenza alla comunità e diritti individuali. Ciò ad esito del successo ottenuto dai temi del razzismo e della assoluta potenza statuale, sviluppati muovendo dal nazionalismo di fine secolo.10

Altrettanto dannosa —almeno considerando l'ideale evoluzione della identità politica e sociale dell'individuo— sarebbe stata la reazione del diritto costituzionale materiale all'avventura totalitaria. Solo l'esperienza italiana e poche altre avrebbero infatti ricollocato il "nesso soggetto-diritti" al centro del discorso sulla cittadinanza e lo avrebbero coordinato con un sistema di tutela dei diritti sociali. Nelle principali costituzioni del dopoguerra si assisterebbe invece alla valorizzazione dei diritti politici e di libertà, a scapito dei diritti sociali.11

 

II. Cittadinanza e solidarietà nel patrimonio costituzionale europeo

Il percorso ricostruito da Costa trova autorevoli riscontri presso i cultori del diritto positivo. Lo si ricava a titolo esemplificativo dalle riflessioni di Alessandro Pizzorusso, dedicate alla nota disposizione della carta fondamentale italiana in cui si affida allo stato il compito di "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese" (art. 3). Secondo l'illustre studioso "nelle costituzioni degli stati membri dell'Unione europea" si enuncia "con grande chiarezza il principio dell'uguaglianza dinanzi alla legge" e tuttavia "meno frequente risulta il principio dell'uguaglianza sostanziale".12

E' sicuramente vero che, alla conclusione del secondo conflitto mondiale, le teorie variamente connesse con il tema del diritto naturale riscuotono successo, se non altro per la loro opposizione alle tesi positiviste.13 Altrettanto vero è che ciò ha comportato il riaffermarsi di un clima culturale in ultima analisi sensibile più al profilo dei diritti civili e politici —quelli concernenti la difesa della sfera individuale dall'ingerenza dei poteri pubblici— che non a quello dei diritti sociali.14 Non si può infine contestare che le carte fondamentali dei Paesi dell'est europeo che hanno da ultimo affrontato l'avventura comunitaria, sono prevalentemente caratterizzate da questa stessa impostazione: i cittadini dell'est —pur affezionati allo sviluppo di sistemi di solidarietà verticale—15 beneficiano infatti di una estensione in blocco dei diritti civili, ma non dei livelli di stato sociale.16

Tuttavia, a ben vedere, il patrimonio costituzionale europeo formatosi a partire dalla sconfitta dei fascismi come si sa esito non ovunque coincidente con la conclusione del secondo conflitto mondiale —non si mostra alternativo a quello fatto proprio dalla carta fondamentale italiana. Molte costituzioni nazionali recano norme che forse non sono formalmente sovrapponibili a quella inclusa tra i principi fondamentali della carta italiana e che tuttavia sono ad essa assimilabili. Diffuso è invero il favore per lo sviluppo dei diritti sociali, riassunti in elenchi più o meno estesi che —se anche non sono coordinati con un esplicito obbligo di intervento pubblico— non per questo rendono meno azionabili le posizioni cui si riferiscono: i diritti sociali sono strutturalmente pensati in funzione di un comportamento positivo dello stato.17

Ma non è tutto. La distanza culturale che separa il patrimonio costituzionale europeo dalla tradizione dei diritti civili e politici si ricava —oltre che dalle disposizioni che impongono la solidarietà dello stato nei confronti dei cittadini e con ciò la solidarietà verticale— anche dalle disposizioni che preludono a forme di solidarietà nei rapporti tra cittadini: la solidarietà orizzontale. Disposizioni come quelle ricavabili dalla costituzione italiana —fondata sull'idea che "a maggiori affermazioni di libertà debba necessariamente corrispondere una maggiore dose di solidarietà"—18 concernenti "l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale" (art. 2) o l'esercizio dell'iniziativa economica con modalità idonee ad indirizzarla "a fini sociali" (art. 41) o ancora di esercizio del diritto di proprietà in forme compatibili con la sua "funzione sociale" (art. 42) e con il proposito di "stabilire equi rapporti sociali" (art. 44).

Anche in tema di solidarietà tra cittadini le carte fondamentali europee evitano di codificare massime generali ed astratte, come quella inclusa tra i principi fondamentali della costituzione italiana. Peraltro simili massime neppure sono assenti, se riteniamo tali le disposizioni che dichiarano le posizioni contemplate dai diritti sociali tutelabili anche nei rapporti tra individui: come nella costituzione portoghese l'affermazione che "i precetti costituzionali riguardanti i diritti, le libertà e le garanzie vincolano gli enti pubblici e privati" (art. 18) o nella costituzione greca la previsione secondo cui "i diritti dell'uomo inteso come individuo e come membro dell'insieme sociale" —quindi le massime ricavate dal "principio dello stato sociale di diritto"— interessano anche i "privati nelle specifiche forme dei loro rapporti" (art. 25). Per non dire poi delle norme capaci di sviluppare forme di solidarietà tra cittadini attraverso indicazioni formulate all'indirizzo delle corti: come nella costituzione spagnola la norma per cui la "pratica giudiziale" deve informarsi ai "principi informatori della politica sociale ed economica" (art. 53).

Sono poi ricorrenti le limitazioni riferite ai diritti su cui classicamente si fonda il principio del libero mercato: le limitazioni all'esercizio dell'attività di impresa e del diritto di proprietà.19 A dimostrazione del fatto che la cittadinanza —intesa come vicenda relativa al modo di essere dell'ordine sociale e dei meccanismi di riconoscimenti dell'identità individuale— è definita cumulativamente attraverso la previsione di un dovere di solidarietà dello stato nei confronti dei cittadini e dei cittadini fra loro: che la solidarietà insieme verticale ed orizzontale costituisce un elemento centrale del patrimonio costituzionale europeo e che essa è pertanto anche "cittadinanza economica".20 Una solidarietà che nel primo caso sottrae al mercato la circolazione dei beni e dei servizi necessari a soddisfare i diritti sociali e nel secondo informa di sé il mercato, che evidentemente —se vuole coordinarsi con il sistema dei valori costituzionali— non deve essere semplicemente libero: deve essere solidale.

 

III. Cittadinanza e solidarietà nella società del diritto privato

Se dunque le vicende della cittadinanza non sono ricostruibili in termini di parabola ascendente, ciò non dipende dal modo di essere del patrimonio costituzionale europeo. L'inversione di tendenza —e precisamente la crisi dei diritti sociali— si determina per effetto di una vicenda che si sovrappone ad esso: la formazione e il consolidamento di un sistema di diritti fondamentali a livello comunitario.

Per comprenderne i tratti salienti, occorre descrivere il contesto entro il quale esso è maturato: la società del diritto privato, fondata sulla teoria ordoliberale dell'economia sociale di mercato.

Come si ama dimenticare21 —o porre su uno sfondo lontano ed offuscato—22 l'ordoliberalismo viene sviluppato in epoca nazionalsocialista da un gruppo di studiosi che avevano trovato ascolto presso il potere politico, con l'idea di attribuire allo stato il compito di attuare l'ordine economico naturale e ricondurre così ad unità interessi generali e interessi particolari.23 Viene sviluppato dalle elaborazioni della fisiocrazia: dottrina affermatasi in area francese nella seconda metà del settecento, i cui fautori esortano ad accreditare l'economia come strumento di razionalità politica, chiamato a rimpiazzare il diritto. Il tutto realizzato da uno stato assoluto, la cui azione sia tesa a garantire la libera appropriazione e circolazione dei beni.24

Al crollo della dittature, l'ordoliberalismo —di per sé indifferente se non ostile al suo coordinamento con il meccanismo democratico—25 si completa dando vita alla teoria dell'economia sociale di mercato: la situazione in cui i principi del libero mercato —in particolare la proprietà privata e la libertà di contrarre— sono affiancati da interventi statali volti a condizionare le libertà economiche, ma solo se necessari e sufficienti ad evitare i fallimenti del mercato.26

E' questa la società del diritto privato. La società in cui —con le parole di Alfred Müller-Armack— "allo stato si assicurano poteri nella misura in cui essi sono necessari a difendere la funzionalità del meccanismo privatistico" ed in particolare "la libertà di azione e la libertà contrattuale dei soggetti privati".27 E' la medesima formula che ha condotto allo sviluppo del libero mercato —inizialmente affidato all'azione della smithiana mano invisibile— nel momento in cui la rivoluzione francese indusse il sovrano ad assicurare la proprietà all'individuo e l'individuo ad accettare, come contropartita, la concentrazione dell'impero nelle mani del sovrano.28 Ed è in virtù di questo ritorno al passato —rivisitato secondo le massime cui faremo fra breve riferimento— che si assiste alla fase discendente della parabola della cittadinanza e con ciò all'inversione di tendenza rispetto all'ideale linea evolutiva tratteggiata da Marshall.

Nella società del diritto privato, la solidarietà come tratto caratterizzante il modo di essere della cittadinanza viene ammessa solo se concerne il rapporto tra lo stato ed i cittadini. Essa si esaurisce infatti nel dovere di contribuzione fiscale in proporzione alla capacità contributiva —considerato alla stregua di una misura della solidarietà— attraverso cui si finanziano le strutture dello stato sociale.29 Queste strutture comprimono il territorio del mercato, in quanto disegnano i confini di un territorio sottratto alle sue logiche: un territorio in cui l'allocazione delle risorse avviene sulla scorta di meccanismi che i cultori dell'antropologia economica chiamano di "redistribuzione".30 Il mercato stesso non viene invece intaccato o conformato: lo stato sociale è compatibile con il libero mercato e persino con lo stato totalitario.31

Del resto —come sintetizzato da Michel Foucault— nella società del diritto privato "la politica sociale non ha la funzione di essere una sorta di meccanismo compensatorio, destinato ad assorbire o annullare gli effetti distruttori che la libertà economica potrebbe avere sulla società". Infatti, se "c'è un interventismo sociale permanente e multiforme, esso non viene messo in atto contro l'economia di mercato o in alternativa ad essa, ma al contrario a titolo di condizione di possibilità storica e sociale per un'economia di mercato".32

Secondo la teoria ordoliberale, la solidarietà tra privati come modo di essere della cittadinanza ha infatti matrice "totalitaria".33 Si tratta di una tesi priva di fondamento o comunque ricavata da una lettura parziale, se non errata, dei meccanismi di conformazione del mercato. E' infatti vero che essi storicamente si affermano in epoca fascista come risposta —alternativa a quella suggerita dal socialismo— alla crisi del liberalismo classico: come è noto, il fascismo realizza l'affossamento delle istituzioni del liberalismo politico, ma nel contempo la mera riforma delle istituzioni del liberalismo economico.34 Non corrisponde invece al vero che tutti i tentativi di conformare il mercato abbiano valenza totalitaria: non lo hanno se sono mediati dal meccanismo democratico e se la funzionalizzazione delle libertà economiche avviene sulla scorta di valutazioni sganciate da profili produttivistici. Semmai —come vedremo fra breve— di sapore totalitario sono i tentativi di comprimere le richieste di conformazione del mercato formulate attraverso il meccanismo democratico.

Soprattutto il libero mercato —la situazione in cui i prezzi sono determinati dall'incontro di domanda e offerta in regime di concorrenza— non è effettivamente tale. Forse solo nel corso dell'ottocento al meccanismo concorrenziale si è assicurata una posizione dominante nei confronti degli altri sistemi di allocazione delle risorse.35 Ma così non è stato prima e soprattutto così non è dopo: l'ordoliberalismo è tale proprio in quanto ammette, ed anzi richiede, la conformazione del mercato con misure volte ad assicurare l'equilibrio del sistema.

 

IV. L'Unione Europea come società del diritto privato

Quindi il punto non è chiedersi se si debba o meno edificare un sistema di libero mercato. Il punto è chiarire in funzione di quali finalità realizzare la conformazione del mercato, in una fase oltretutto caratterizzata —a fronte del processo di privatizzazione dello stato sociale— da una sua notevole espansione. Una fase nella quale i confini entro cui opera il meccanismo solidaristico tra stato e cittadini sono divenuti una variabile dipendente dalla scelta circa l'estensione del mercato: tutta la sfera dell'azione individuale non interessata da un intervento diretto dello stato diviene dominio esclusivo del mercato.

Prima di approfondire simili aspetti, occorre illustrare in modo succinto i termini dell'adesione al credo ordoliberale che caratterizzano, fin dal suo inizio, l'avventura comunitaria.36 Termini ricavabili in modo esemplare dall'analisi della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione,37 cui il Progetto di trattato che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea firmato a Lisbona nel dicembre del 2007, attribuisce finalmente "forza giuridicamente vincolante".38

Consideriamo innanzitutto il tema della solidarietà tra stato e cittadini, alla cui definitiva svalutazione mira l'esplicita codificazione del principio di uguaglianza in senso meramente formale. Si dice molto semplicemente che "tutte le persone sono uguali davanti alla legge" (art. 20): omettendo qualsiasi riferimento a doveri pubblici di rimuovere la cause che di fatto limitano l'uguaglianza e determinando con ciò una regressione del costituzionalismo europeo.39 Lo stesso si ripete —in modo più o meno evidente— in sede di previsione di specifici diritti sociali, che in tal modo sono degradati a posizioni di fatto non azionabili.

Il ridimensionamento comunitario della solidarietà tra stato e cittadini si deve indubbiamente al suo essere strutturalmente coordinata con un meccanismo —quello fiscale— che si vuole tenere il più possibile al riparo dalle ingerenze del livello europeo. Tanto che l'unica disposizione capace, secondo alcuni, di alimentare l'aspettativa di una "rivisitazione del nesso tra i principi ordinatori di solidarietà e concorrenza"40 —l'art. 34 in cui si discorre di "diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali"— viene accompagnata da una precisazione capace di frustrare qualsiasi aspirazione in tal senso: "il riferimento ai servizi sociali riguarda i casi in cui siffatti servizi sono stati istituiti per garantire determinate prestazioni, ma non implica in alcun modo che essi debbano essere creati laddove non esistono".41

La verità è che si vuole riconsiderare il tema della solidarietà verticale —e con ciò un contenuto essenziale della cittadinanza— alla luce della volontà di ridurre la spesa pubblica o comunque di rivalutare il mercato come dispensatore dei beni e dei servizi contemplati dal sistema dei diritti sociali. Ciò imporrebbe evidentemente di definire livelli elevati di solidarietà nei rapporti tra cittadini e a monte di rompere con la tradizionale contrapposizione fra mercato e cittadinanza, per cui "l'attribuzione del diritto individua una tecnica alternativa al ricorso al mercato".42 Peraltro la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione si ispira esattamente all'istanza opposta. Il modello di cittadinanza cui prelude si evince in modo esemplare dalle disposizioni che realizzano forme di tutela della proprietà e della libertà d'impresa. Esse non risultano mediate dalle riletture in chiave solidaristica tipiche dello stato sociale e si allontanano così in modo decisivo dal patrimonio costituzionale europeo.43

La proprietà —come il principio di uguaglianza— viene trattata in forme più vicine alla tradizione liberale ottocentesca, che non a quelle tipiche del costituzionalismo da cui ha tratto vigore la solidarietà orizzontale (art. 16). Certo non si tratta della proprietà diritto assoluto disciplinata dalla codificazione napoleonica,44 ma neppure essa viene descritta in linea con il costituzionalismo europeo: è in fin dei conti ancora un diritto esclusivo —secondo la formula tradizionale— e non un diritto inclusivo. Si invoca infatti l'"interesse generale" come correttivo all'assolutezza del diritto, ma per circoscrivere l'intervento statale e non l'esercizio del diritto. Inoltre si allude a vicende non sufficientemente connotate ed esso si presta così a costituire il fondamento di politiche del diritto ispirate esclusivamente da logiche mercantili: come del resto si evince dalle decisioni della Corte di giustizia CE dedicate a simili temi.45 E come sottolineato dall'esplicito rifiuto di codificare un riferimento alla "funzione sociale" quale metro per le limitazioni al diritto di proprietà, motivate dal perseguimento dell'"interesse generale".46

Neppure sembrano costituire un veicolo di solidarietà tra cittadini le disposizioni in tema di tutela dell'ambiente (art. 37) e dei consumatori (art. 38), che —nel momento in cui evitano accuratamente di ricorrere all'espressione "diritto"— non offrono spunti per un loro bilanciamento con il riconoscimento della libertà d'impresa.47

Del resto la disposizione in materia di tutela ambientale fa esplicito riferimento al concetto di "sviluppo sostenibile": concetto ribadito da ultimo nel Progetto di trattato firmato a Lisbona nel dicembre del 2007 in connessione con la formula dell'economia sociale di mercato, che qualifica la cittadinanza come vicenda riletta attraverso le lenti del produttivismo.

L'impostazione cui preludono i riferimenti allo sviluppo sostenibile viene esplicitata nei documenti comunitari in cui esso viene descritto come la situazione in cui "la crescita economica sostenga il progresso sociale e rispetti l'ambiente" e "la politica sociale sia alla base delle prestazioni economiche".48 In tal modo si sancisce il primato del fenomeno economico rispetto ai restanti fenomeni sociali e con esso l'intento di eleggere il meccanismo mercantile —ovvero l'incontro di domanda ed offerta in situazione di concorrenza— a strumento di allocazione delle risorse, in situazioni nelle quali il patrimonio costituzionale europeo ricorre invece allo strumento della solidarietà.

In altre parole, il costituzionalismo comunitario ammette ed anzi prescrive forme di conformazione del mercato, ma esse sono concepite come meri interventi tutti volti ad assicurarne l'equilibrio e quindi ad evitarne i fallimenti.

 

V. Il paradigma del cittadino consumatore

Indicativa del modello di cittadinanza cui —attraverso la formula dello sviluppo sostenibile— rinvia la società del diritto privato, è l'affermazione che essa implica l'accordo sulle forme di conformazione del mercato attraverso "un processo politico aperto", incentrato sul "dialogo in particolare con i rappresentanti dei consumatori".49 E' indicativa perché prelude all'equazione che identifica il cittadino con il consumatore e la mediazione democratica con la mediazione di interessi individuati in base alla funzione assolta nel sistema di mercato.

Evidentemente il modello di consumatore cui si fa riferimento non è quello elaborato dalla sociologia ed utilizzato dalle corti per sviluppare una politica del diritto consumerista, all'epoca in cui i parlamenti erano nel merito ancora latitanti: non è l'individuo incapace di autodeterminarsi sul mercato, in quanto irrimediabilmente condizionato dal ruolo rivestito —ovvero dal modello comportamentale cui deve attenersi per evitare di essere considerato deviante— e dal sistema di aspettative e sanzioni che lo presidia. Il modello di consumatore utilizzato dal livello comunitario è al contrario l'individuo razionale, capace di autodeterminarsi alla sola condizione di poter accedere ad un adeguato livello di informazioni: il mitico homo oeconomicus.50

Da un simile punto di vista la tutela del consumatore non mira direttamente a completare i contenuti di un modello di cittadinanza in continuità con la sua evoluzione storica. Essa mira ad invertire i termini di tale evoluzione —ad interrompere la parabola ascendente di cui abbiamo detto in apertura— in quanto concerne la conformazione della domanda di beni e servizi in forme necessarie e sufficienti a coordinarla con l'offerta o, meglio, ad assicurare il funzionamento del meccanismo concorrenziale. Del resto il diritto comunitario —nel momento in cui alimenta la costruzione della società del diritto privato— ricorre a costruzioni elaborate ispirandosi all'analisi economica del diritto e con ciò ad un approccio marcatamente funzionalista: approccio in quanto tale volto a promuove l'equilibrio del sistema e ad occultare in chiave conservatrice i conflitti in nome della coesione.51

E' bene sottolineare questo profilo. Il diritto dei consumatori —in un tutt'uno con la disciplina dell'impresa— alimenta logiche di sistema che non coincidono affatto con le logiche perseguite dai singoli operatori componenti l'insieme dell'offerta e della domanda di beni e servizi. Costituisce infatti un'astrazione affermare che il consumatore ha interesse ad investire le sue energie ed il suo tempo nel confronto tra i diversi beni e servizi presenti sul mercato: attività —descrivibile in termini di esercizio di funzioni di polizia economica— necessaria a determinare una domanda efficiente, a sua volta necessaria a selezionare l'offerta entro il complesso meccanismo concorrenziale. Esattamente come costituisce un'astrazione l'immagine del singolo imprenditore come operatore economico interessato ad alimentare la concorrenza e non invece a prevenire il confronto con altri imprenditori. Ma —come si è più volte detto— le istanze dei singoli consumatori e imprenditori sono viste come fallimenti del mercato e potenziali incrinature nel funzionamento del sistema valutato nel suo complesso.

Peraltro i riferimenti al consumatore nella sua essenza di homo oeconomicus costituiscono un chiaro indizio della volontà —oltre che di edificare un modello ordoliberale di mercato— di renderlo il punto di riferimento per la conformazione della convivenza sociale nel suo complesso. Vi sono invero numerosi riscontri del fatto che, nella prospettiva ordoliberale, la cittadinanza sia definita attraverso una nozione mercantile di consumatore e che ciò rappresenti un arretramento rispetto ai contenuti tipici del patrimonio costituzionale europeo.

Un primo riscontro di notevole rilievo lo ricaviamo dalle modalità attraverso cui si procede alla costruzione del diritto privato comunitario e in particolare del cosiddetto Quadro comune di riferimento. E' noto che nel merito sono stati coinvolti —oltre ad una commissione formata da studiosi finanziati nell'ambito dei progetti comunitari di ricerca e sviluppo— una commissione di rappresentanti degli stati nazionali ed una commissione di "portatori di interessi".

Le prime due commissioni sono state private di qualsiasi ruolo nella definizione delle linee di politica del diritto cui ispirare l'impresa. Gli studiosi hanno semplicemente dato attuazione alle indicazioni di carattere generale provenienti alla Commissione ed a quelle di carattere particolare fornite di volta in volta dai "portatori di interessi": indicazioni tutte tese a promuovere la libertà contrattuale da un lato —libertà conformata solo nella misura in cui conduce a fallimenti del mercato— e la fiducia dei consumatori dall'altro.52 E' decisamente secondario anche il ruolo dei rappresentanti degli stati nazionali —il circuito della politica— il cui apporto è inesistente o in alternativa trascurato.

La commissione dei rappresentanti dei "portatori di interessi" è invece la protagonista assoluta di tutta l'opera di ricostruzione del Quadro comune di riferimento in quanto —come abbiamo detto or ora— ne definisce la concreta matrice politico normativa. Questa commissione rappresenta il circuito dell'economia, che sovrasta quello della politica e degrada a mero apporto tecnico il contributo della scienza giuridica. Essa non comprende rappresentanti del mondo del lavoro o della società civile in genere, mentre comprende un elevato numero di rappresentanti del mondo imprenditoriale ed un ristretto numero di esponenti di associazioni di consumatori.

Qui è evidente il ricorso ad una sineddoche dalle molteplici implicazioni di politica del diritto: il riferimento al consumatore come modello umano ideale ricostruito secondo i dettami dell'ordoliberalismo, la cui identità si riflette oltre il mercato —paradigma della società— per divenire a sua volta il paradigma attraverso cui plasmare la cittadinanza. Il tutto cementato dal ricorso a forme di mediazione neocoprorativa fra contrapposti centri di interesse, modellato sul confronto tra datori di lavoro e lavoratori che —applicato al confronto tra imprese e consumatori— diviene inesorabilmente uno strumento di pacificazione sociale e di consolidamento del sistema economico dato.

Assistiamo in tal modo alla riproposizione dell'"ordine razionale che la rappresentanza politica non può sovvertire", la cui affermazione presuppone il blocco della "ovvia tendenza dei regimi democratici ad allargare le prestazioni pubbliche legate ai diritti": situazione assicurata dall'erezione delle scelte maturate entro il circuito dell'economia a metro delle decisioni assunte dal circuito della politica.53 E ciò —come sappiamo— è esattamente l'impostazione di fondo cui si sono ispirati i fautori dell'ordoliberalismo nel ventennio tra i due conflitti mondiali. L'impostazione riproposta da chi afferma ora che, "nel moderno stato del benessere, il pericolo di un comportamento arbitrario nasce soprattutto dalla preoccupazione del governo di conservare la maggioranza in parlamento". Per concludere che, "per far fronte ai pericoli di cattivo funzionamento della sfera politica, alcuni compiti di politica economica possono essere trasferiti a organismi indipendenti".54

E' in tale prospettiva che la politica diviene una mera tecnica dell'amministrazione,55 chiamata a plasmare le forme di esercizio della democrazia, per ridurla "a spazio circoscritto e funzionale al mantenimento dell'autonomia dell'economico e del primato della ratio produttiva".56 Mentre l'economia esalta il meccanismo concorrenziale come autentica forma di democrazia diretta, che si esercita attraverso le scelte di consumo:57 "un dollaro un voto".58

 

VI. Non discriminazione e diritti di terza generazione

Occorre chiedersi se l'inclusione tra i diritti fondamentali comunitari di un discorso sul principio di non discriminazione, comporti una diversa valutazione circa il modo di essere della cittadinanza, così come è stata finora ricostruita.

Il principio di non discriminazione costituisce un cardine nella ricostruzione del sistema dei diritti fondamentali comunitari.59 Nella Carta la relativa disposizione compare invero immediatamente dopo l'enunciazione del principio di uguaglianza formale dei cittadini e sembra così costituire una sorta di sostituto delle previsioni che —nella tradizione del patrimonio costituzionale europeo— avrebbero consentito di attribuire al principio rilievo sostanziale.

Precisamente la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione afferma che:

è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale (art. 21).

Se ne ricava che il principio di non discriminazione rileva per entrambi i profili della solidarietà, come tratto caratterizzante la cittadinanza: da un lato per i rapporti tra lo stato e i cittadini e dall'altro per le relazioni tra cittadini. Nel primo caso ci troviamo di fronte ad una disposizione che prende in considerazione —per tutelarle— identità di vario tipo, utilizzate per delineare posizioni che per lo più hanno la struttura dei diritti civili. Certo si tratta delle posizioni in parte considerate dalla carta fondamentale italiana in sede di enunciazione del principio di parità sostanziale. Tuttavia esse non sono descritte in termini di "ostacoli" idonei a comprimere "di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini" e soprattutto non implicano un dovere dello stato di adoperarsi per "rimuoverli". Si realizza con ciò un arretramento persino rispetto a quanto stabilito dal Trattato CE, che in materia ha stabilito che si possono —ma non anche che si devono— "prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni" (art. 13).60

Del resto —come ribadito in tema di sviluppo sostenibile— l'Europa comunitaria viene concepita come una società del dritto privato, in cui la lotta all'esclusione sociale si esaurisce tendenzialmente in azioni volte a creare "le condizioni economiche necessarie per una maggiore prosperità" e ad incidere sul mercato del lavoro con soluzioni —come in particolare il divieto di discriminazione tra uomini e donne— in linea con la massima dell'economia sociale di mercato.61

Quest'ultimo aspetto ci conduce a riflettere sul secondo profilo del principio di non discriminazione: quello che attiene alla solidarietà tra cittadini. E' innegabile che il principio sia idoneo ad incidere anche profondamente su di essa: che —in altre parole— sia uno strumento anche efficace di conformazione del mercato. Come per l'ipotesi della solidarietà tra stato e cittadini, si tratta tuttavia di un esito frustrato dalla mancata previsione nella Carta —previsione inclusa invece nel Trattato CE— almeno della possibilità di emanare provvedimenti antidiscriminatori.

Solo parzialmente diversa è la posizione delineata attraverso l'affermazione che la "parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione" (art. 23). L'affermazione sembra preludere alla "ammissibilità di azioni positive a favore del sesso sottorappresentato" e realizza con ciò "un passo ulteriore rispetto all'ottica negativa del divieto di discriminazione".62 Tuttavia si tratta di un passo che —pur concernendo materie fondamentali con effetti al limite dirompenti— costituisce il riflesso di una sensibilità ordoliberale per la creazione di condizioni ottimali di funzionamento del mercato. Quest'ultimo obbiettivo viene infatti frustrato dalla condotta dell'operatore economico che seleziona i propri collaboratori sulla base di criteri diversi da quelli dell'efficienza e che —da un simile punto di vista— realizza un'ipotesi di fallimento del mercato: "l'inconveniente che dalla discriminazione del contratto deriva al pubblico interesse è l'ostacolo ad una società meritocratica che possa perseguire gli obbiettivi del progresso e del benessere".63

E la conclusione resta valida anche valutando le direttive comunitarie in tema di divieto di discriminazione —fondata sul sesso o su altre caratteristiche identitarie— che non considerano la sola materia lavorativa,64per concentrarsi su profili rilevanti per il diritto civile: come in particolare "l'accesso a beni e servizi e alla loro fornitura", che deve essere assicurato senza distinzioni fondate sulla "razza" o "l'origine etnica"65o sul "sesso".66 E' vero che —come abbiamo detto— simili direttive consentono forme di conformazione dell'attività privata particolarmente incisive, anche in quanto specificano un principio generale di diritto comunitario, direttamente invocabile nelle relazioni tra i consociati in attuazione dell'ulteriore principio di uguaglianza.67 E tuttavia le misure previste consentono di incidere sulla libertà contrattuale limitatamente al profilo della scelta delle parti di una relazione economica, ma non anche del contenuto della relazione. Misure che intendono favorire la sola parità di chances utile al funzionamento del mercato68 e che pertanto non concernono il proposito di attribuire alla cittadinanza i connotati tipici del patrimonio costituzionale europeo. Il tutto in linea con il modo di essere dell'uguaglianza comunitaria, cui si è attribuita "prevalentemente la funzione di favorire l'integrazione economica, più che la sua tipica funzione redistributiva".69

Similmente occorre valutare le posizioni menzionate dalla Carta dei diritti fondamentali comunitari in connessione con il divieto di discriminazione e qualificate in termini di "diritti": dei minori "alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere" (art. 24), degli anziani "di condurre una vita dignitosa e indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale" (art. 25) e dei disabili "di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità" (art. 26). Sono questi i cosiddetti diritti di terza generazione —dopo quelle dei diritti politici e civili e dei diritti sociali— modellati sulle caratteristiche che differenziano l'individuo dal punto di vista delle "maniere di essere nella società come infante, come vecchio, come malato, ecc.".70

I diritti menzionati possono incidere sul modo di essere della cittadinanza comunitaria, completandola con aspetti relativi alla solidarietà insieme verticale ed orizzontale. Essi sembrano infatti delineare posizioni che —rispettivamente— richiedono un comportamento positivo dello stato o una conformazione del mercato secondo schemi differenti da quelli di matrice ordoliberale.

Peraltro la disciplina comunitaria dei diritti di terza generazione —se non vuole alimentare la parabola ascendente della cittadinanza— deve coordinarsi con un dovere dello stato di adottare misure idonee a non trasformare in ostacolo le caratteristiche individuali di volta in volta considerate. E ciò sembra sia da escludere, se è vero che la posizione apparentemente più tutelata dalla carta comunitaria —la posizione del disabile— non fonda "diritti a prestazione, bensì" semplici "Staatsziele e principles of policies".71

Così concepiti, i diritti di terza generazione rilevano al massimo —al pari della disciplina antidiscriminatoria— come formule politicamente corrette, inserite entro un discorso costituzionale insensibile al tema della solidarietà così come è maturata in seno al patrimonio costituzionale europeo.

 

VII. La cittadinanza fra conflitto e cooperazione

Torniamo a riflettere sulla matrice funzionalista dei modelli di convivenza sociale cui preludono le teorie ordoliberali: cerchiamo di individuare il senso del loro tendere a promuovere l'equilibrio del sistema. Occorre mettere in rilevo le implicazioni di tutto ciò e in particolare la circostanza che esse implicano il rifiuto del conflitto, reputato sintomo e allo stesso tempo fonte di un malfunzionamento del sistema: i fenomeni patologici —tali in quanto anormali— non adempiono a determinate funzioni considerate essenziali e pertanto devono essere repressi.72

In ciò risiede il senso della contrapposizione tra liberalismo classico e ordoliberalismo. Il primo non disconosce il conflitto, che anzi considera un "aiuto" indispensabile all'equilibrio del sistema. Come osserva John Stuart Mill, "la perdita di un aiuto così importante all'intelligente e viva comprensione di una verità —come è quello dato dalla necessità di chiarirla o difenderla nel contraddittorio— è una conseguenza negativa non trascurabile dell'universale riconoscimento del vero".73

Nella società a misura di liberalismo classico le libertà non necessitano ancora di essere funzionalizzate: il sistema resta in equilibrio se lo stato si limita a riprodurre l'esito del conflitto, presidiandolo attraverso un diritto privato di tipo non interventista. In tal senso occorre intendere il motto secondo cui "chi dice contrattuale dice giusto" e la contestuale precisazione che "chi dice organismo dice fratellanza".74 Il motto esemplifica infatti il modello di giustizia sociale perseguito attraverso uno stato non interventista, che affida al diritto il solo compito di assicurare il vincolo della parola data ad esito del conflitto sociale.

Diverso è lo schema ordoliberale, che non pensa all'ordinamento come ad un complesso di norme volte alla mera riproduzione del conflitto sociale. Come abbiamo detto, nella prospettiva della società del diritto privato, l'ordinamento è chiamato a conformare in chiave funzionalistica il comportamento privato in vista del mantenimento dell'equilibrio del sistema. E ciò equivale a dire che il diritto privato occulta il conflitto, imponendo ai consociati di cooperare alla realizzazione di obbiettivi collocati oltre il loro orizzonte e da esso direttamente presidiati: i medesimi obbiettivi la cui individuazione il liberalismo classico rimetteva ai consociati, nella convinzione che —così facendo— si sarebbe indotto uno sviluppo del sistema naturalmente votato all'equilibrio.

Proprio il tramontare di una simile situazione determina la necessità di adottare un modello cooperativo. E' noto che le caratteristiche assunte dal sistema economico nella sua evoluzione tra l'ottocento e il novecento, mettono in luce come la cosiddetta mano invisibile sia inadatta ad assicurare una dialettica relativamente ordinata tra le forze del mercato o sia comunque capace di metterne a rischio il funzionamento complessivo. Ed è altrettanto noto che in tal senso si finisce per ritenere insufficiente l'emanazione di provvedimenti privi di immediati effetti conformativi sull'attività economica, finora informata alle massime utilitariste.75

Peraltro abbiamo visto come la fase ascendente della parabola della cittadinanza —notoriamente determinata dal conflitto sociale— sia entrata in crisi nel momento in cui si sono voluti adottare modelli cooperativi di convivenza sociale: come i modelli di matrice ordoliberale, da cui hanno tratto le mosse i totalitarismi prima e l'avventura comunitaria poi. E' così da condividere l'idea —sintetizzata da Ralph Dahrendorf— secondo cui l'"elemento dinamico del progresso è il conflitto".76

Certo non deve trattarsi di un conflitto il cui esito —come nella tradizione liberale classica— sia semplicemente recepito e presidiato dallo stato. Il patrimonio costituzionale europeo prescrive invero un modello conflittuale in cui lo schema delineato con riferimento alla solidarietà verticale —l'intervento statale volto alla rimozione di ostacoli alla parità formale dei consociati— si estende al modo di intendere la solidarietà orizzontale: il dovere di intervento statale conduce —oltre all'edificazione di un sistema di allocazione delle risorse sottratto al mercato— altresì a forme di conformazione del mercato, volte a creare condizioni di parità sostanziali tra le parti delle relazioni a contenuto economico.77 Altrimenti detto —con le parole delle disposizioni di apertura della carta fondamentale italiana— il dovere privato "di solidarietà politica, economica e sociale" deve essere riletto alla luce del dovere pubblico di "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana".78

Ciò richiede di valorizzare la circostanza che i consociati non sono capaci di autodeterminarsi, a causa del loro operare in contesti tipicamente produttivi di debolezza strutturale e che essa deve essere bilanciata da forza giuridica. Questo è l'esito obbligato di una politica del diritto finalmente consapevole degli effetti distributivi della disciplina delle attività private e finalmente tesa a completare il processo di frammentazione del soggetto unico di diritto. Processo che l'ordoliberalismo ha adattato alle letture delle scienze economiche, ma che —complice il mantenimento ed anzi il rilancio della retorica sull'autodeterminazione dei consociati— non ha scalfito in modo sostanziale.

Altrimenti detto, solo la valorizzazione del contesto in cui operano i consociati —e con ciò della debolezza strutturale— consente di "andar oltre la tradizionale tutela di tipo individualistico", in quanto tale "debole".79 Solo così si determina —con la crisi della tradizionali categorie unificanti— la rottura dei confini tra il diritto e le scienze sociali diverse dall'economia. E' infatti dalla sociologia e dalla politica che si sono ricavati gli strumenti per inquadrare i termini del condizionamento eteronomo all'azione individuale e le caratteristiche dei relativi contesti in cui essi tipicamente si manifestano.80

La sociologia e la politica forniscono inoltre gli strumenti attraverso cui valutare il conflitto come motore dello sviluppo della cittadinanza. E per comprendere come sia l'approccio funzionalista tipico del credo ordoliberale a determinare la fase ascendente della parabola della cittadinanza o —altrimenti detto— a impedirne lo sviluppo. Il tutto facendo leva sulla retorica dei diritti umani —troppo spesso visti come distinti dai diritti sociali— di cui si afferma il carattere universale e con ciò astorico. E dimenticando che non è il carattere in discorso —e con ciò la pacificazione— che ha prodotto lo sviluppo della cittadinanza, bensì la sua storicità e con ciò il conflitto.

Non si vuole certo nascondere che un simile approccio ha caratterizzato un'epoca passata dell'esperienza giuridica —in particolare gli anni sessanta e settanta del secolo passato—81 e che esso appare ora antistorico. E tuttavia evitare la contrapposizione —cui abbiamo fatto prima riferimento— tra il mercato da un lato e i diritti e la cittadinanza dall'altro, costituisce una necessità storica di sopravvivenza dell'idea stessa di cittadinanza incentrata sulla solidarietà.

Se infatti la cittadinanza è concetto "riassuntivo delle condizioni che individuano la posizione nella comunità" e se l'economia ordoliberale conduce ad identificare la comunità con il mercato, allora non è sufficiente —ed al limite antistorico— rilanciare la cittadinanza invocando la difesa della solidarietà orizzontale, magari proponendo di metterla al riparo dalla "variabilità delle decisioni politiche": ovvero di "istituire un rapporto tra diritti e risorse non mediato esclusivamente dall'arbitrio dei corpi politici".82 E' al contrario di un rilancio della politica che si sente il bisogno e in particolare della sua capacità di ripensare la conformazione dell'economia sulla scorta di una rinnovata consapevolezza circa il suo ruolo di amministratrice dei conflitti attorno alla definizione dei modelli di allocazione delle risorse.

 

Notas

* Il presente lavoro si basa su una relazione dell'autore al convegno Cittadino-consumatore e democrazia aperta: modelli per una partecipazione attiva, Roma (Corte di Cassazione), 1-2 febbraio 2008.

1 Costa, P., Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, vol. 1: Dalla civiltà comunale al settecento, Roma e Bari, 1999, p. VIII.         [ Links ]

2 Marshall, T. H., Cittadinanza e classe sociale, Roma e Bari, 2002.         [ Links ]

3 Costa, P., Civitas... , cit., nota 1, pp. 3 y ss. e 141 y ss.

4 Costa, P., Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, vol. 2: L'età delle rivoluzioni, Roma e Bari, 2000, p. 611.         [ Links ]

5 Alpa, G., La persona tra cittadinanza e mercato, Milano, 1992, p. 5.         [ Links ]

6 Rodotà, S., Repertorio di fine secolo, Roma e Bari, 1992, p. 91.         [ Links ]

7 Costa, P., Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, vol. 3: La civiltà liberale, Roma e Bari, 2001, p. 555.         [ Links ]

8 Costa, P., Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, vol. 4: L'età dei totalitarismi e della democrazia, Roma e Bari, 2001, p. 504.         [ Links ]

9 Costa, P., Civitas... , cit., nota 7, p. 556.

10 Costa, P., Civitas... , cit., nota 8, pp. 213 y ss.

11 Ivi, pp. 465 y ss.

12 Pizzorusso, A., Il patrimonio costituzionale europeo, Bologna, 2002, p. 69.         [ Links ]

13 Per tutti F. Carnelutti, Bilancio del positivismo giuridico, in Riv. trim. dir. pubbl. , 1951, pp. 281 y ss.         [ Links ] e G. Capograssi, Impressioni su Kelsen tradotto, ivi, 1952, pp. 767 y ss.         [ Links ]

14 Citazioni in A. Somma, I giuristi e l'Asse culturale Roma-Berlino. Economia e politica nel diritto fascista e nazionalsocialista, Frankfurt M., 2005, pp. 35 y ss.         [ Links ]

15 Flores Juberías, C., Il dibattito sui diritti sociali nel costituzionalismo postcomunista, in Dir. e soc. , 2001, pp. 309 y ss.         [ Links ]

16 Treu, T., Le regole sociali europee: quali innovazioni? , in Europea e dir. priv., 2004, pp. 50 y ss.         [ Links ]

17 Per tutti Bobbio, N., L'età dei diritti, Torino, 1997, p. 68.         [ Links ] Per una rassegna cfr. A. Somma, Diritto comunitario e patrimonio costituzionale europeo: cronaca di un conflitto insanabile, in Pol. dir. , 2004, pp. 263 y ss.         [ Links ]

18 Barbera, A., "Sub Art. 2", en varios autores, Commentario della Costituzione, vol. I: Principi fondamentali, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, Zanichelli, 1975, p. 97.         [ Links ]

19 Per una panoramica Somma, A., Diritto comunitario..., cit., nota 17, pp. 263 y ss.

20 Alpa, G., La persona..., cit., nota 5, p. 148.

21 Ad es. Gerber, D. J., Law and Competition in Twentieth Century Europe, Oxford, 2003, pp. 235 y ss.         [ Links ]

22 Per tutti Joerges, C., "Europe a Grossraum? Shifting Legal Conceptualisations of the Integration Project", in id. e Singh Ghaleigh, N. (eds.), Darker Legacies of Law in Europe. The Shadow of National Socialism and Fascism over Europe and its Legal Traditions, Oxford e Portland, Or., 2003, part. pp. 186 y ss.         [ Links ]

23 Un'opera classica è Böhm, F., Die Ordnung der Wirtschaft als geschichtliche Aufgabe und rechtsschöpferische Leistung, Stuttgart, 1937.         [ Links ]

24 Ad es. Adorno, F. P., "Naturalità del mercato e ragione governamentale", in Borrelli, G. (a cura di), Prudenza civile, bene comune, guerra giusta, Nápoles, 1999, pp. 191 y ss.         [ Links ]

25 Al proposito Haselbach, D., Autoritärer Liberalismus und Soziale Marktwirtschaft. Gesellschaft und Politik im Ordoliberalismus, Baden-Baden, 1991, part. pp. 225 y ss.         [ Links ]

26 Müller-Armack, A., Wirtschaftslenkung und Marktwirtschaft, München, 1990, pp. 116 y ss.         [ Links ] Si deve a questo autore la formula "economia sociale di mercato".

27 Mayer, K. e Scheinpflug, Privatrechtsgesellschaft und die Europäische Union, Tübingen, 1996, p. 75.         [ Links ]

28 Secondo la massima utilizzata dai codificatori francesi e presa a prestito da Seneca. Cfr. ad es. "Exposé des motifs de la loi relative à la propriété par le conseiller d'état Portalis", in Code civil des français, París, vol. 4, 1804, p. 31.         [ Links ]

29 Per tutti Irti, N., L'ordine giuridico del mercato, Roma e Bari, 1998, pp. 88 y ss.         [ Links ]

30 Sull'esempio di Polanyi, K., La grande trasformazione, Turín, 1974, pp. 62 y ss.         [ Links ]

31 Ritter, G. A., Storia dello Stato sociale, Roma-Bari, 1996, pp. 127 y ss.         [ Links ]

32 Foucault, M., Nascita della biopolitica. Corso al Collège de France (1978-1979) , Milán, 2005, pp. 133 y ss.         [ Links ]

33 Mayer, K. y Scheinpflug, J., Privatrechtsgesellschaft..., cit., nota 27, p. 75 e Irti, N., L'ordine giuridico..., cit., nota 29, p. 19.

34 Citazioni in Somma, A., "Liberali in camicia nera. La comune matrice del fascismo e del liberismo giuridico", in Mazzacane, A. et al. (a cura di), Il corporativismo nelle dittature sudeuropea, Frankfurt M., 2005, pp. 63 y ss.         [ Links ]

35 Specialmente Polanyi, K., Economie primitive, arcaiche e moderne. Ricerca storica e antropologia economica, Turín, 1980, pp. 5 y ss.         [ Links ]

36 Per tutti Fikentscher, W., Wirtschaftsrecht, Bd. 1 (Weltwirtscvhaftsrecht. Europäisches Wirtschaftsrecht), Múnich, 1983, pp. 410 y ss.         [ Links ]

37 Nella versione del 12 dicembre 2007 pubblicata in GUCE del 14 dicembre 2007, C 303/1.

38 In GUCE del 17 dicembre 2007, C 306/1.

39 Salesse, Y., Manifeste pour une autre Europe, París, 2004, p. 71.         [ Links ]

40 Giubboni, S., "Solidarietà e concorrenza: 'conflitto' o 'concorso'?", in Merc. conc. reg. , 2004, pp. 75 y ss.         [ Links ]

41 Così le "spiegazioni relative al testo completo della Carta", Charte 4473/00 Convent 49.

42 Rodotà, S., Repertorio di fine... , cit., nota 6, p. 107.

43 Allegretti, U., Diritti e Stato nella globalizzazione, Troina, 2002, p. 142.         [ Links ]

44 Fioravanti, M., "La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea nella prospettiva del costituzionalismo moderno", in Vettori, G. (a cura di), Carta europea e diritti dei privati, Padua, 2002, p. 213.         [ Links ]

45 Ad es. sentt. Nold del 14 maggio 1974 (causa 4/73) e Hauer del 13 dicembre 1979 (causa 44/79) su cui Somma, A., L'uso giurisprudenziale della comparazione nel diritto interno e comunitario, Milán, 2001, pp. 218 y ss.         [ Links ]

46 Al proposito Comba, M., "I diritti civili. Verso una nuova funzione della proprietà privata", in Zagrebelsky, G. (a cura di), Diritti e Costituzione nell'Unione Europea, Roma e Bari, 2003, pp. 162 y ss.         [ Links ]

47 Furgiuele, G., "Valori e limiti della carta dei diritti fondamentali", in Vettori, G. (a cura di), Carta europea..., cit., nota 44, p. 225.

48 COM/2001/264 def. (Comunicazione della Commissione "Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell'Unione europea per lo sviluppo sostenibile").

49 Idem.

50 Dahrendorf, V. R., Homo sociologicus, 3a. ed., Roma, 1989, pp. 32 y ss.         [ Links ] e 55 y ss., e Alpa, G., La persona..., cit., nota 5, p. 98.

51 Per tutti Ferrari, V., Funzioni del diritto, 2a. ed., Roma e Bari, 1993, pp. 5 y ss.         [ Links ]

52 Ad es. COM/2003/68 def. (Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio "Maggiore coerenza nel diritto contrattuale europeo. Un piano d'azione").

53 Bin, R., "Diritti e fraintendimenti: il nodo della rappresentanza", in Scritti in onore di G. Berti, Nápoles, 2005, vol. 1, pp. 345 y ss.         [ Links ]

54 Mestmäcker, E. J., voce "Diritto dell'economia", in Enc. sc. soc. , Roma, 1993, vol. 3, p. 94.         [ Links ]

55 Cassese, S., La crisi dello Stato, Roma-Bari, 2002, pp. 14 y ss.         [ Links ]

56 Barcellona, P., Dallo Stato sociale allo Stato immaginario. Critica della "ragione funzionalista" , Turín, 1994, pp. 234 y ss.         [ Links ]

57 Mayer, K. y Scheinpflug, J., Privatrechtsgesellschaft und die Europäische Union, cit., nota 27, p. 26.

58 Leoni, B., "La sovranità del consumatore e la legge", in id., La sovranità del consumatore, Roma, 1997, p. 117.         [ Links ]

59 Ad es. "Autonomia privata e principio di non discriminazione", in Giur. it., 2006, pp. 1816 y ss.         [ Links ]

60 Al proposito Celotto, A., "Sub Artt. 21-22", in Bifulco, R. et al. (a cura di), L'Europa dei diritti. Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, Bolonia, 2001, pp. 172 y ss.         [ Links ]

61 COM/2001/264 def., cit.

62 Brunelli, G., "Sub Art. 23", in Bifulco, R. et al. (a cura di), L'Europa dei diritti..., cit., nota 60, pp. 178 y ss.

63 Maffeis, D., Offerta al pubblico e divieto di discriminazione, Milán, 2007, p. 367.         [ Links ]

64 Come invece —dopo la pionieristica Direttiva 76/207/CEE (relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro)— le Direttive 2000/78/CE (che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro), 2002/73/CE (relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro) e 2006/54/CE (riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego).

65 Direttiva 2000/43/CE (che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica).

66 Direttiva 2004/113/CE (che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura).

67 Così la Corte di giustizia CE: v. Sent. Mangold del 22 novembre 2005 (causa 144/04).

68 Ridola, P., "Diritti di libertà e mercato nella 'Costituzione europea'", in Associazione Italiana dei Costituzionalisti (a cura di), La Costituzione europea - Atti del 14. Convegno annuale Perugia 7-8-9 ottobre 1999, Padua, 2000, pp. 329 y ss. e 352 y ss.         [ Links ]

69 Barbera, M., "Eguaglianza e differenza nella nuova stagione del diritto antidiscriminatorio comunitario", in Giorn. dir. lav. , 2003, p. 407.         [ Links ]

70 Bobbio, N., op. cit., nota 17, p. 67.

71 Olivetti, M., "Sub Art. 26", in Bifulco, R. et al. (a cura di), L'Europa dei diritti..., cit., nota 60, p. 206.

72 Citazioni in Baert, P., La teoria sociale contemporanea, Bolonia, 2002, pp. 57 y ss.         [ Links ]

73 Mill, J. S., Saggio sulla libertà. Le origini del liberalismo contemporaneo, Milán, 2002, p. 50.         [ Links ]

74 Fouillée, A., La science sociale contemporaine, 2a. ed., París, 1885, p. 410.         [ Links ]

75 Per tutti Atiyah, P. S., Promises morals and the law, Oxford, 1982, part. pp. 48 y ss.         [ Links ]

76 Dahrendorf, R., La libertà che cambia, Roma-Bari, 1994, p. 115.         [ Links ]

77 Ad es. Zeidler, W., "Gerechtigkeit in der Industriegesellschaft", in Duden, K. et al. (Hrsg.), Gerechtigkeit in der Industriegesellschaft, Karlsruhe, 1972, pp. 28 y ss.         [ Links ]; v. anche Steinmetz, P. W., "Towards a Comparative History of Legal Cultures 1750-1950", in id. (ed.), Private Law and Social Inequality in the Industrial Age, Oxford, 2000, p. 22.         [ Links ]

78 Similmente Barcellona, P., "I controlli della libertà contrattuale", in Rodotà, S. (a cura di), Il diritto privato nella società moderna, Bolonia, 1971, p. 285 e Lucarelli,         [ Links ] F., Diritti civili e istituti privatistici, Padua, 1983, p. 267,         [ Links ] con esclusivo riferimento al principio di parità sostanziale.

79 Rodotà, S., Repertorio di fine..., cit., nota 6, pp. 97 y ss.

80 Come sappiamo, dalla sociologia —e specialmente dalla nozione di ruolo— deriva l'elaborazione del concetto di consumatore tradizionalmente utilizzato dalle corti. Dalla politica si sono invece ricavate le costruzioni incentrate sulla debolezza sociale derivante dall'appartenenza di classe, utilizzate per attuare diritti sociali come il diritto al lavoro ed il diritto alla casa; cfr. Somma, A., Diritto comunitario vs. diritto comune europeo, Turín, 2003, pp. 42 y ss.         [ Links ]

81 Ad es. Barcellona, P., Formazione e sviluppo del diritto privato moderno, Nápoles, 1987, p. 373.         [ Links ]

82 Rodotà, S., Repertorio di fine..., cit., nota 6, pp. 108 y ss.

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